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Caro Andrea Di Consoli

Colgo l’occasione dallo stimolante intervento per raccontarti, come hai fatto tu, un episodio che mi è capitato giovedì, 2 giugno. Nel giorno della Festa della Repubblica sono stato invitato, nel pomeriggio, a partecipare alla trasmissione Farenheit, di radioTre, insieme al sindaco di Torino, Piero Fassino, per raccontare la presenza del Carro della Bruna alla grande esposizione allestita negli spazi delle Officine Grandi Riparazioni, a Torino in occasione del 150esimo dell’unità d’Italia. Quando il direttore, Marino Sinibaldi, mi ha presentato in diretta davanti a un pubblico numerosissimo della mostra delle Ogr è scattato un lungo ed enorme, caloroso applauso evidentemente rivolto non alla mia persona, ma alla città che ho l’onore di rappresentare. C’è dentro questo sentimento di affetto un po’ tutta la motivazione su cui intendiamo costruire la candidatura a capitale europea della Cultura 2019.
Saremmo sciocchi, o perlomeno imprudenti, se non comprendessimo che la sfida che abbiamo lanciato è complicata anche per la qualità e la ricchezza economica e finanziaria dei nostri concorrenti. Ma abbiamo deciso di intraprendere questo viaggio perché riteniamo che a quel modello di proposta noi possiamo contrapporne un altro che si fonda in gran parte sulla nostra storia, ma soprattutto sulla nuova prospettiva di futuro che vogliamo costruire in Basilicata, nel Mezzogiorno.
Certo, noi non abbiamo una storia economica come quella delle repubbliche marinare che nel corso degli anni hanno saputo sviluppare una enorme capacità d’impresa a cui il Paese intero deve essere sempre grato. Certo, la nostra matrice rinascimentale è completamente diversa da quella che ha caratterizzato il Veneto o la Toscana con la loro ricchezza di santi, poeti e navigatori. Certo, la loro frontiera è molto più vicina all’Europa rispetto alla nostra che offre più facilmente il suo sguardo verso il Mediterraneo. Certo che l’attuale situazione finanziaria del Nordest e le loro lobby economiche sono molto più forti delle nostre.
E allora?
Io credo che, invece, noi possiamo offrire all’Italia e all’Europa un modello che non si contrapponga alla cultura di mercato che caratterizza storicamente il NordEst e alla cultura rinascimentale ma che non è meno importante e significativo e che affonda le radici in 8 mila anni storia, in un territorio nel quale l’uomo è presente senza soluzione di continuità.
Noi possiamo proporre un pensiero più umanista, la storia di scrittori, filosofi, intellettuali, ma anche di contadini e braccianti che da un orizzonte così diverso come quello del Mezzogiorno ha caratterizzato la nostra terra e quella di un Sud impegnato.
Certo che non abbiamo il teatro La Fenice, ma a questo noi possiamo proporre simbolicamente la cappella sistina del rupestre, la Cripta del peccato originale, sintesi di una cultura che fa parte delle nostre radici e che parla al mondo con altrettanta forza e nobiltà.
Noi vogliamo candidare la città di Matera. E in quel noi c’è tutta la Basilicata. E allora perché la nostra città può aspirare a rappresentare la cultura europea nel 2019?
Matera dagli anni 50 in poi è stata un importante luogo di sperimentazione, di innovazione, di attrazione di grandi cineasti e artisti, ma anche di feconda ibridazione tra personalità esterne e risorse locali. Matera ha fatto grandi sforzi: da vergogna nazionale a prima città del Sud ad essere nominata patrimonio dell’umanità; da città misconosciuta ad una delle principali città d’arte da visitare; è una città che ha messo in atto alcuni importanti interventi di recupero, ma che non ha ancora valorizzato il suo enorme potenziale culturale.
Candidarsi per il 2019 significa dotare Matera, la nostra città, di un nuovo e forte impulso ideale per una nuova fase della sua trasformazione.
La dimensione di Matera induce a pensare la possibilità di nuovi modelli per città della sua stessa tipologia in Europa e nel Mediterraneo, ma anche nella fascia centroamericana, centro africana e centro asiatica. Quanto potrà essere sperimentato a Matera potrà divenire di esempio a livello mondiale, e non potrà che essere un nuovo modello culturale di progettare, fruire, comunicare città di piccole e medie dimensioni.
Ma oltre alla sperimentazione sociale, tecnologica, ambientale, oltre alla sua tipologia che la rende simile a tante città del Sud del mondo che hanno voglia di dimostrare che questo Sud è un valore, un valore condiviso, mondiale, un modello di convivenza, noi vogliamo offrire anche un nuovo metodo per costruire la sua candidatura e soprattutto un meccanismo fortemente innovatore per i sistemi culturali. Vogliamo costruire una città aperta, che sappia dare carta bianca agli operatori europei della cultura e dell’arte, e realizzare con tre anni di progetto uno spazio disponibile a tutti, fatto di infrastrutture economiche che abbattono i costi, di infrastrutture operative che rendono più facile realizzare le proprie idee, fatto di tecnologie che rendono rapide e condivise le comunicazioni e i commenti.
Uno spazio culturale veramente “aperto” dove da tutta Europa si possa arrivare e produrre un momento di alta cultura in maniera semplice e condivisa, con un pubblico attento e preparato e delle istituzioni in grado di inserire sempre le singole attività in un progetto e in una dimensione più allargata e avanzata, parte costituente di una eredità dell’agire che è parte integrante del progetto stesso di Capitale Europea della Cultura.
Caro Andrea Di Consoli, trovo ingiusto sottovalutare, fra l’altro, il dinamismo intellettuale e operativo di molte associazioni culturali che, pur non avendo istituzioni finanziarie forti alle loro spalle, a puro titolo di volontariato, organizzano eventi di tutto rilievo e di livello internazionale come il premio Energheia o come il festival internazionale Women’s Fiction Festival che ogni anno riempie gli alberghi a 4 e 5 stelle della nostra città, di scrittrici provenienti da ogni parte del mondo. Ma agli eventi già presenti sul nostro territorio vogliamo agganciarne altri come, ad esempio, il forum nazionale del libro, da cui partirà una proposta di legge di iniziativa popolare di sostegno alla lettura, o come la presenza di RadioTre, per tre giorni, a Matera per raccontare la città, il territorio, i suoi protagonisti. E per non parlare del tentativo di riportare attualità al pensiero di Pasolini dando la cittadinanza onoraria a Enrique Irazoqui con una serie di eventi che saranno prossimamente presentati.
Certo, faremo molto, molto di più. E in questo faremo ci dovrà essere, come tu giustamente solleciti, anche il mondo imprenditoriale, anche i commercianti, anche il sistema delle piccole e grandi imprese. E in questo faremo ci dovranno essere, soprattutto, i tanti lucani che vivono nelle cento Basilicate del mondo, da Torino a Toronto, da Buenos Aires a Berlino. Il Veneto grande e ricco, accogliente e sensibile è tutto in quella fascia d’Italia.
Noi, costretti da varie ragioni, abbiamo casa anche altrove. Ed ecco perchè Venezia non è Matera.
Ed ecco perché comunque vada, sarà una vittoria.

Sen. Salvatore Adduce
Sindaco di Matera

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