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POTENZA – Sindacati, associazioni e cittadini. Hanno presentato una
valanga di esposti che da tutta la Regione sono finiti negli uffici del
mini-pool specializzato nei reati contro l’ambiente della procura della
Repubblica di Potenza. Al centro c’è la vecchia gestione dell’Arpab,
l’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente. Quella di Vincenzo
Sigillito (in foto), tanto per capirsi, prima direttore generale del Dipartimento ambiente della Regione, e oggi a capo di una struttura di progetto alle dirette dipendenze della presidenza della giunta.
Alcune scelte della sua amministrazione negli scorsi mesi sono state oggetto anche di un’indagine approfondita della guardia di finanza per la procura regionale della Corte dei conti, che ha evidenziato sprechi per più di 200mila euro.
Nel linguaggio dei magistrati contabili si può parlare di “sperpero di danaro
pubblico”.
Ma i colleghi del Tribunale vagliano solo ipotesi di reato, e qui si parte
dall’abuso d’ufficio a salire: se c’è stata l’appropriazione di un bene; o
i rapporti di lavoro sono degenerati, nel senso che qualcuno ha
approfittato dei propri poteri in cambio di qualcosa.
Dopodichè ci sono tutte le normative ambientali, che in qualche caso
prevedono sanzioni molto gravi, e si sa che i rapporti tra il controllore e
il controllato sono spesso forieri di conflitti d’interesse, soprattutto se
di mezzo ci sono scelte politiche di programmazione economica e
industriale.
Chi avrebbe deciso di vederci chiaro sono due magistrati che negli scorsi
mesi si sono fatti conoscere per una serie di exploit che non sono passati
inosservati tra le alte sfere. Sergio Marotta è il pm che a ottobre ha
fatto sequestrare la vecchia Cip Zoo di Potenza, un’area ad alto interesse
speculativo-immobiliare-politico di proprietà della Regione nell’abbandono
più totale, che si era trasformata in una discarica a cielo aperto. Marotta
è lo stesso che si sta occupando della gestione della piccola crisi dei
rifiuti lucana di novembre dell’anno scorso, quando sembrava che la Regione
con gli indici più bassi di densità abitativa d’Italia non fosse in grado
di trovare un posto dove mettere la spazzatura.
Poi c’è Salvatore Colella, che invece si è fatto le ossa a Matera
scoperchiando le malversazioni in Comune. All’epoca sul banco degli
imputati finirono la giunta dell’ex sindaco Michele Porcari (in Appello
sono stati tutti condannati a 4 mesi di reclusione con l’interdizione
temporanea dai pubblici uffici), oltre al capo dell’ufficio tecnico e al
potente architetto Franco Gravina (condannati in primo grado
rispettivamente a un anno, e quattro anni di reclusione con l’interdizione
perpetua dai pubblici uffici). Arrivato a Potenza Colella ha ereditato i
fascicoli più impegnativi del pm Henry John Woodcock, come quello sugli
appalti del Totalgate e le corruttele all’interno dell’ospedale San Carlo
di Potenza.
La gran parte del lavoro d’indagine sarebbe delegata ai militari del
Nucleo operativo ecologico dei carabinieri, che per ironia della sorte
hanno i loro uffici proprio nella stessa palazzina dell’Arpab, solo qualche
piano più sotto. Ma la mole di elementi sotto osservazione è talmente
variegata che sarebbe in corso un coordinamento a livello investigativo
anche con altri corpi.
Il caso Arpab è esploso a livello mediatico a marzo del 2009 quando è
diventata pubblica l’ordinanza del sindaco di Melfi che vietava l’utilizzo
delle acque della falda sottostante l’area industriale. Quali fossero i
dati, chi ne fosse in possesso e chi dovesse comunicarli alle autorità
competenti a prendere gli opportuni provvedimenti sono interrogativi
rimasti in sospeso da allora. È venuto fuori che per lungo tempo i
laboratori dell’agenzia, istituita nel 1997, non sono stati accreditati
nonostante gli abbondanti trasferimenti da parte della Regione. Tanto che
l’ente ha dovuto attivare diverse convenzioni con le agenzie per la tutela
dell’ambiente di altre regioni. Si è persino tenuta in vita una struttura,
Metapontum Agrobios srl, con incarichi per molti aspetti identici e
soltanto qui la finanza ha visto un buco di 12 milioni di euro nelle casse
dell’erario. I sindacati (non tutti, ma Cgil e Uil) hanno denunciato più
volte il carattere padronale e discrezionale della gestione dell’ente.
La pianta organizzativa sarebbe stata stravolta, non in base alle esigenze
di buon funzionamento dell’ente, ma a quelle personali del direttore. Lui
per difendersi ha parlato di «un’agenzia in coma», illeciti e inadempienze
un posto dove non non vige nessuna regola.
Intanto il suo mandato è scaduto e non è stato rinnovato. Se denunce e
controdenunce contenessero un barlume di verità purtroppo è ancora troppo
presto per dirlo.
Leo Amato
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