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Qualche giorno fa sono stato a Venezia. Ci sono andato per presentare il romanzo di Maria Pia Ammirati “Se tu fossi qui”, finalista al premio Campiello (dove, lo ricordiamo, è anche finalista lo scrittore lucano Giuseppe Lupo). La presentazione del libro è avvenuta al Teatro La Fenice, e per me è stata una sorpresa vedere più di duecento persone accorse per seguire un “normale” evento letterario. La serata era stata organizzata da un’associazione culturale, e la cosa che mi ha sorpreso, arrivando a Venezia, è che ero stato alloggiato all’hotel Danieli, uno dei più prestigiosi alberghi della città. Ma come, mi sono chiesto un po’ allibito, io sono un povero critico letterario, e questi mi alloggiano in un albergo lussuoso e costoso? Alla fine della presentazione ho scoperto che in prima fila, ad ascoltare la presentazione, c’erano i principali direttori d’albergo di Venezia, tra cui i direttori del Danieli e del Gritti. Durante la presentazione, invece, ho ricevuto una doccia fredda allorquando l’organizztarice della serata, Maria Tersa Babanicas, ha detto: “Questa serata è una delle quaranta serate letterarie e culturali che abbiamo organizzato a supporto della candidatura di Venezia Città della Cultura 2019”. Mi sono sentito piccolo e, soggezionato dal contesto (La Fenice), dalla folla, dalla profonda sinergia tra associazioni culturali e albergatori, non sono riuscito a dire che anche in Basilicata, nella mia terra, Matera ambisce al ruolo di Capitale della Cultura. Come avrei potuto?
La mattina dopo, appena sceso nella hall dell’albergo, mi è venuto ad accogliere il direttore del Danieli, e mi ha detto: “Per noi è un onore ospitare scrittori e critici letterari come lei. Le posso offrire un caffè?” Dopodiché mi ha dato il suo biglietto da visita e mi ha detto che era felice, in futuro, di ospitare me e la mia famiglia. La mente, a quel punto, è volata a Matera, verso la sua mestizia culturale, la sua intellighenzia modesta, pigra, invidiosa e litigiosa, la sua incapacità di organizzare costantemente eventi letterari e culturali di rilievo nazionale e, soprattutto, con il coinvolgimento della città (che è tra le più indifferenti alla cultura d’Italia) e delle sue associazioni culturali. Non vi nascondo di aver pensato: Venezia ha le carte in regola, Matera no.
E badate, non dico questo con gioia, ma con profondo dolore, con amarezza, perché a Matera, quando mi è stato chiesto di presentare qualche libro (due o tre volte), mi sono dovuto anche pagare la benzina, perché “di soldi non ce ne sono”. Ora, io non ho problemi a investire di tasca mia per fare qualcosa in Basilicata, ma permettetemi di notare che altrove, quando arriva uno scrittore o un intellettuale, lo trattano con i guanti bianchi. E questo è quel che distingue una città improvvisata e sciatta da una città organizzata, consapevole, che ha voglia di essere centro mondiale di cultura. Dopodiché, se per realismo e per lealtà territoriale mi si chiede di sposare la causa di Matera Capitale della Cultura 2019, lo faccio anche, ci mancherebbe, tuttavia non chiedetemi di essere felice di dover sposare una donna che non amo. Detto questo, mi piacerebbe che tutti insieme facessimo qualcosa per invertire una rotta stanca e sbagliata. So che non è facile, ma così, ve lo garantisco, non si va da nessuna parte.
Andrea Di Consoli
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