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di ALESSANDRO PAGLIARO
In questi giorni di ballottaggio a Napoli si è assistito alla singolare gara di chi lanciava gli epiteti più spietati contro l’ex magistrato Luigi De Magistris, oggi europarlamentare di Italia dei Valori e candidato contro Lettieri per la poltrona di sindaco nella sua città. Il più abusato, in maniera sprezzante è stato quello di “masaniello”. Capofila di cotanta “ingiuria” si è rivelato Antonio Polito, che sul Corriere della Sera non si è risparmiato nell’elencare tutti i difetti che accomunerebbero De Magistris a Masaniello, fautore della rivolta scoppiata nel 1647 contro i regnanti spagnoli dell’epoca per l’aumento della “gabella”. Ignorante, dispotico, stravagante e pazzo viene dipinto dagli storici l’artefice di quelle sommosse popolari, che morì assassinato all’età di 27 anni. Dunque De Magistris sarebbe inaffidabile per guidare una città come Napoli, perché nel suo passato di uomo di legge vi sono inchieste come “Why not”, incomplete e censurate dagli alti ranghi della magistratura. A lui si contesta l’entrata in politica, come se lo stesso Polito da giornalista “puro” e tutto d’un pezzo in politica non ci fosse mai stato, neanche quando sedeva al Senato sugli scranni della Margherita. Così dicasi per Agazio Loiero, giornalista ed ex governatore della Calabria per il centrosinistra, arruolato nella crociata contro l’ex pm. Tutti ci spiegano chi è De Magistris, mentre nessuno di loro dice per chi si dovrebbe votare a Napoli. E nessuno di loro rivela nemmeno che dietro De Magistris, c’è una folta schiera di intellettuali, artisti, professori universitari, giovani e donne, politici e sindacalisti che hanno firmato un appello in suo favore. Il premio Nobel Dario Fo, lo scrittore Roberto Saviano, il sacerdote don Andrea Gallo, il magistrato Ferdinando Imposimato, il regista Citto Maselli, lo scrittore Ermanno Rea, il filosofo Gianni Vattimo, gli attori Peppe Barra e Antonio Casagrande, i musicisti Enzo Gragnaniello e Enzo Avitabile e tanti altri ancora, sono tutti degli sprovveduti. Tra questi, facente parte della “plebaglia”, vi è anche un certo Gerardo Marotta che è presidente dell’Istituto italiano per gli Studi filosofici, custode della memoria storica degli eventi che portarono nel 1799 alla costituzione della Repubblica napoletana. Chi conosce quella pagina gloriosa della vicenda dove furono i giacobini a detronizzare il re Ferdinando IV di Borbone, sa che si tratta di una di una delle più belle rivoluzioni che l’Italia mai conobbe contro la tirannia, purtroppo soffocata nel sangue grazie anche a personaggi loschi come il brigante fra’ Diavolo e il cardinale Fabrizio Ruffo. Dovrebbero ricordare qualcosa le gesta eroiche e il martirio di Eleonora Fonseca Pimentel, dell’ammiraglio Antonio Caracciolo, del duca Ettore Carafa e del conte Gennaro Serra di Cassano, giustiziati per le loro idee repubblicane. Alexander Dumas scrisse un famoso romanzo su Luisa Sanfelice, mentre Benedetto Croce si dedicò con impegno allo studio di quelle vicende. Per cui se Polito e Loiero, dovevano proprio operare un paragone per De Magistris, quello più nobile sarebbe stato di accomunarlo almeno a qualche personaggio insigne della Repubblica partenopea. E invece no, per i suoi comportamenti De Magistris è “pazzo” quanto Masaniello. Così come Giuliano Pisapia, non sarebbe appropriato per fare il sindaco a Milano. “Todo cambia” canta Mercede Sosa in “Habemus papa” di Moretti. Ma nessuno dalle nostre parti sembra essersene accorto, infatti se questo è il modo di ragionare di due esponenti del centrosinistra, giornalisti o politici che siano, allora si spiegano per un certo verso anche i disastri elettorali del centrosinistra in Calabria e a Cosenza. Basta guardare, ai comportamenti del consigliere regionale Nicola Adamo, che dal Pci a seguire ha avuto tutto, per comprendere, in quale fase di “disperazione” in queste zone si trovi oggi il partito di Bersani. Per tali persone, diciamolo con franchezza. Sono meglio Occhiuto e Lettieri del Pdl, che non De Magistris e Paolini, sindaci di Cosenza e Napoli.

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