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di PIETRO MANCINI
Nella serata di lunedì, analizzeremo i risultati delle amministrative e ascolteremo le prime, festanti esternazioni dei nuovi sindaci di Milano, Napoli, Crotone, Cosenza e del presidente della Provincia di Reggio. Un ricambio fisiologico, normale, nelle moderne democrazie, come avviene in altri Paesi, tra cui la Spagna, che di recente ha archiviato, senza traumi, la pesante sconfitta del partito socialista di Zapatero e l’addio, dopo 32 anni, della “rossa” Barcellona alla sinistra, ma non ha reclamato le dimissioni del premier e la crisi del suo governo. Nel nostro bel Paese, invece, molti hanno caricato l’evento, quasi se fosse alle porte un nuovo 25 aprile del 1945, con l’arrivo dai monti dei partigiani nelle città e la cacciata dell’ “infame Tiranno”, Silvio Berlusconi, ca va sans dire. Basterebbe riflettere solo un momento per comprendere quanto azzardato e irrealistico sia il quadro, disegnato non dagli oppositori, in Parlamento, del premier, bensì dai demolitori e dagli odiatori di Silvio, in servizio, permanente e lucroso. Secondo voi, amici lettori, il fascismo fu, addirittura, migliore del berlusconismo, come ha scritto un professore un filino fazioso, perchè, con Benito Mussolini a Palazzo Venezia, “almeno c’erano poteri che si bilanciavano : la monarchia, la Chiesa, l’esercito, la burocrazia”? Ma, se vivessimo in questa cupa atmosfera, con le libertà e i diritti civili conculcati dalla “delinquenziale e mafiosa banda di Arcore”, non trovate strano che, nella città natale del “Sultano”, abbia molte probabilità di successo non già un servo di Berlusconi, bensì uno stimato avvocato di sinistra, Giuliano Pisapia, candidato del partito di Nichi Vendola ? E, se il Cavaliere, addirittura, fosse riuscito ad essiccare i cervelli e ad annebbiare le menti degli italiani, in una città, Napoli, tormentata da drammatici problemi ma piena di persone intelligenti e argute, come mai, al ballottaggio di domenica, si presenterà un ambizioso ex magistrato, non proprio un moderato, il cui leader, Tonino Di Pietro, il politico più presente negli studi delle Tv, propugna, a colazione, a pranzo e a cena, l’immediato arresto del fondatore della Fininvest? Da martedì, i cittadini potranno valutare la volontà e le capacità dei nuovi amministratori e dei loro assessori – che ci auguriamo vengano scelti, sulla base delle competenze e non già delle lottizzazioni partitiche – di mantenere tutte, o almeno una parte delle tante promesse, molte delle quali mirabolanti e demagogiche, fatte dai candidati in questa lunga, rissosa e tutt’altro che bella campagna elettorale. Certo, una “doppietta” Napoli-Milano di quella che è stata definita “la sinistra che non c’è” provocherebbe contraccolpi all’interno della maggioranza e ulteriori picconate al presidente del Consiglio, il cui prestigio, già eroso da attacchi, liti con la Lega Nord, penultimatum di Bossi e dei “Responsabili”, tentennamenti, risse sulle poltrone e vicende giudiziarie, subirebbe una pesante batosta, anche qualora Gianni Lettieri, a Napoli, dovesse spuntarla, ma la Moratti, pessima come sindaca e come candidata, venisse sfrattata da Palazzo Marino. Le prospettive, per il centrodestra, con un Berlusconi indebolito e con il suo eventuale successore, l’antimeridionalista Giulio Tremonti, gradito al senatùr, ma non all’elettorato del Pdl nel Centro-Sud, sarebbero incerte e potrebbero alimentare scontri, colpi bassi e vendette, le cui avvisaglie si sono già intraviste nelle scorse settimane, con erroracci dei capi, toni sopra le righe, giornali di riferimento attestati su linee tutt’altro che moderate. Ma anche i dirigenti del Pd, pur godendo delle disgrazie del loro eterno nemico, non potrebbero gioire eccessivamente, in quanto, dalle urne, con le non scontate, ma possibili, vittorie dei candidati di Di Pietro e Vendola, si allontanerebbe l’alternativa riformista al berlusconismo. E il partito, fondato e poi abbandonato al suo destino da Veltroni, correrebbe il rischio di ridursi a ruota di scorta della sinistra estremista e giustizialista, di lotta molto di più che di governo. Pertanto, Bersani, pur appropriandosi dei successi costruiti da candidati non espressi dal suo partito, sbaglierebbe, qualora si presentasse il 30 maggio, nel salotto di Bruno Vespa, come sicuro candidato alla premiership, in caso di fine anticipata di questa travagliata legislatura. Un lavoro impegnativo attende il gruppo dirigente del Pd, che dovrà dare concretezza a un riformismo forte e radicato, allettante per i giovani, per i tanti precari, per i disoccupati del Sud in aumento, ma anche per la borghesia produttiva e delle professioni. Come è riuscito a fare, a Milano, con intelligenza, Pisapia, che ha anche approfittato degli orrori, più che degli errori, della sua avversaria ricchissima, finanziariamente, ma modesta, politicamente. Insomma, Bersani, ma anche l’ex sindaco di Torino, Chiamparino, e i giovani Renzi e Civati dovranno riuscire a dar voce e sentimento a una sinistra, che non c’è nel Palazzo, ma cerca di emergere e di farsi sentire, nella società. Sulle sfide nelle città calabresi, gli elettori hanno avuto modo di conoscere gli orientamenti e i programmi dei candidati, grazie all’ottimo lavoro della direzione e dei giornalisti del “Quotidiano”, sempre più diffuso nella regione. Anche fuori dalla Calabria, si è parlato e scritto dei nuovi exploit di Dorina Bianchi, signora bella e inquieta, che in extremis si è alleata con un simpatico e sanguigno fascista di Crotone, Pasquale Senatore, e che ha ormai ha strappato i record di salti della quaglia a Enzo Scotti. Nella Prima Repubblica, l’ex ministro napoletano era soprannominato “Tarzan” per l’abilità, che esibiva nei suoi tanti passaggi nelle varie correnti della vecchia “Balena bianca”. Sul piano politico, dopo il voto del primo turno, in controtendenza rispetto a quello delle grandi città, sarebbe utile evitare, in Calabria, un generale e troppo conformista appiattimento, sinora garantito da quello che è stato definito l’ “effetto Scopelliti”. Soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, è importante la presenza, negli enti locali e nei centri decisionali, di voci e personalità diverse, allo scopo, in primis, di assicurare la dialettica e consentire il controllo democratico di chi è investito di maggiori poteri e di molteplici responsabilità. Infine, se sono legittimi i richiami del giovane e attivo governatore alla storia, alle tradizioni e ai capi, centrali e locali, provenienti dal Msi prima e da Alleanza Nazionale, altrettanto legittimi, soprattutto a Cosenza, sono i ricordi, un pizzico di nostalgia, di fondato orgoglio e l’aspirazione di molti nostri concittadini a non veder cancellati i legami con la storia, dignitosa e rispettabile, di tante personalità dell’area democratica, anti-fascista, laico-socialista e cattolica.

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