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Le Direzioni distrettuali antimafia di Catanzaro e Reggio hanno emesso sette informazioni di garanzia nei confronti di altrettanti medici che avrebbero redatto perizie di favore, consentendo agli affiliati di quattro cosche della ‘ndrangheta di ottenere la scarcerazione per motivi di salute. Due dei sette professionisti sono indagati per concorso esterno in associazione; si tratta di Luigi Arturo Ambrosio, 74 anni, e Franco Antonio Ruffolo (di 57), rispettivamente dirigente e psicologo della casa di cura Villa Verde, di Cosenza, sottoposta a perquisizione, così come gli studi privati dei due professionisti.
Secondo le indagini Ambrosio e Ruffolo avrebbero favorito Andrea Mantella e Francesco Scrugli, esponenti di spicco della ‘ndrangheta, nel periodo in cui si trovavano ricoverati a Villa Verde mettendo persino a loro disposizione utenze telefoniche e locali per svolgere riunioni con altri affiliati della cosca.
Gli altri medici che risultano indagati sono Guglielmo Quartucci, 58 anni, proprietario e direttore sanitario della casa di cura Villa degli Oleandri di Mendicino; Vincenzo Cesareo, direttore sanitario dell’ospedale di Praia a Mare; Gabriele Quattrone, di 52 anni; Wanda Raho (62) e Massimiliano Cardamone (36). Cesareo sarebbe il candidato che in occasione delle elezioni regionali dello scorso anno, con la lista Socialisti Uniti, si sarebbe rivolto al boss Giuseppe Pelle per risolvere alcune questioni legate alle candidatura all’interno del proprio partito. Perquisizioni sono state avviate anche negli studi di Cesareo e Quartucci, nell’ospedale di Praia a Mare ed alla casa di cura Villa degli Oleandri.
Le cosche favorite dalle certificazioni mediche sarebbero i Pelle di San Luca (RC), i Mantella di Vibo Valentia, gli Arena di Isola Capo Rizzuto (KR) ed i Forastefano della Sibaritide. Ad alcuni degli indagati è inoltre contestato il reato di concorso esterno in associazione mafiosa.
L’attenzione degli inquirenti è stata focalizzata sull’elevato numero di scarcerazioni di detenuti mafiosi dovute a motivi di salute, che si registra da tempo in Calabria e che ha quindi determinato la necessità di individuare i casi in cui, tali benefici vengono concessi, in virtù di false attestazioni sanitarie redatte da medici collusi con le cosche.
Diversi gli episodi documentati dagli inquirenti. Dagli elementi di prova acquisiti emergerebbe, in particolare, il legame esistente tra la famiglia mafiosa dei Pelle, detti «gambazza», di San Luca (Rc) e due professionisti: il direttore sanitario di un presidio ospedaliero in provincia di Cosenza ed il direttore sanitario, nonchè proprietario per quote, di una delle case di cura private interessate.
In particolare sulla famiglia Pelle, sarebbe emerso che, in vista delle elezioni regionali del 28 e 29 marzo 2010, due dei medici indagati, uno dei quali da tempo legato ai Pelle, avevano richiesto un intervento della famiglia di S. Luca per dirimere alcune problematiche legate alle candidature all’interno del partito politico in cui uno dei medici stessi era candidato.
Nello stesso contesto era inoltre emerso che, nel passato, uno dei medici in questione avrebbe compilato in favore di Giuseppe Pelle più certificazioni sanitarie falsamente attestanti condizioni di salute incompatibili con la detenzione carceraria. Dall’inchiesta emerge, inoltre, il legame tra Andrea Mantella, indicato come esponente mafioso di rilievo del vibonese, ed alcuni medici di una delle cliniche coinvolte nelle indagini, fra i quali, in particolare, il dirigente sanitario della struttura.
Alcuni episodi di corruzione sarebbero stati posti in essere da familiari di Antonio e Pasquale Forastefano e da altri esponenti della cosca della Sibaritide; in particolare per richiedere e ottenere, a fronte della consegna di somme di denaro o altre utilità, elaborati peritali favorevoli, da parte di alcuni medici, fra i quali un professionista reggino con importanti incarichi universitari ed ospedalieri, nonchè da parte di alcuni medici legali che fino ad oggi avevano goduto della fiducia di diversi uffici giudiziari.

IL RUOLO DI TRE PENTITI
Le indagini si basano non solo sulle intercettazioni eseguite ma anche sulle dichiarazioni rese da tre pentiti, legati alla cosca Forastefano: Lucia Bariova, ex convivente di Vincenzo Forastefano, Salvatore Lione, già reggente della cosca Forastefano e Samuele Lovato,pure legato ai Forastefano, il quale, avendo trascorso un lungo periodo di ricovero presso una delle cliniche al centro delle indagini ha potuto fornire un importante contributo.

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