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Operazione della Guardia di Finanza questa mattina in Calabria, in Lombardia, in Campania ed a Roma, per il sequestro di beni per un valore superiore ai 190 milioni di euro. Si tratta di ben 40 imprese, con tutto il loro patrimonio aziendale, operanti, principalmente, nel settore dei trasporti in quello agrumicolo e nel commercio. A queste vanno aggiunte 44 abitazioni, 4 ville, 12 autorimesse, oltre a 60 terreni, 56 autoveicoli e 108 autocarri.
L’operazione, denominata “All Clean”, che ha completamente annientato la potenza economica di una pericolosa consorteria ‘ndranghetistica, poggia sui provvedimenti emessi dal Tribunale di Reggio Calabria – Sez. Misure di Prevenzione – sulla base di una specifica richiesta formulata dal Procuratore Capo di Reggio Calabria e dal Sostituto Cerreti.
Tra i beni sequestrati anche due società di calcio che militano nel campionato di Serie D, Girone I, l’Interpiana di Cittanova ed il Sapri. I beni, secondo l’accusa, erano riconducibili alla cosca Pesce di Rosarno, che avrebbe utilizzato le due formazioni per accrescere il proprio consenso sul territorio. Le due formazioni, attualmente, occupano posizioni di centro classifica.
Le indagini si sono avvalse anche delle dichiarazioni della pentita Giuseppina Pesce, figlia del boss Salvatore, indicato come il capo della cosca. Proprio sabato scorso, però, Giuseppina Pesce ha fatto sapere tramite il proprio legale, di avere interrotto la collaborazione con i magistrati della Dda di Reggio Calabria. Il sequestro di oggi nasce dall’approfondimento patrimoniale delle indagini che avevano portato a due operazioni, denominate All Inside, condotte ad aprile ed a novembre dello scorso anno, nel corso delle quali erano stati arrestati, rispettivamente 40 e 24 presunti affiliati alla cosca Pesce.
Due mesi fa, la Dda di Reggio Calabria ha chiuso le indagini emettendo 80 avvisi di conclusione indagini. L’inchiesta si basa proprio sulle dichiarazioni di Giuseppina Pesce.
Nei giorni scorsi, il ministero dell’Interno ha fatto sapere che si costituirà parte civile, nella persona del prefetto Giancarlo Trevisone, Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura, nel procedimento contro gli affiliati alla cosca Pesce. Nell’ambito dell’inchiesta All Inside, i carabinieri, nel febbraio scorso, avevano perquisito la sede della squadra di calcio Interpiana, sequestrata oggi.
Due delle persone coinvolte e dunque riconducibili al clan Pesce di Rosarno, avevano interessi nel mondo del calcio.

I CLAN NEL CALCIO PER AUMENTARE IL CONSENSO SUL TERRITORIO
Era questo il motivo che ha spinto Francesco e Marcello Pesce, accomunati da una grande passione per il calcio, a controllare, direttamente o indirettamente, le squadre di calcio di serie D Interpiana e Sapri (Salerno).
Gli investigatori hanno commentato così l’operazione: «oggi possiamo dire, con soddisfazione, che Rosarno è veramente libera» dai condizionamenti economici. Francesco, secondo l’accusa, attraverso due prestanomi, Domenico Varrà, già arrestato e Vincenzo Condomiti, controllava prima la squadra di calcio del Rosarno e dal campionato 2010/2011, dopo la fusione, quella del Cittanova Interpiana. Marcello, invece, quale socio occulto, era nella compagine della Sapri Calcio. Nell’operazione All Clean, i finanzieri hanno eseguito 145 accertamenti economico – patrimoniali, di cui 70 a carico di persone fisiche e 75 nei confronti di persone giuridiche, partendo dai nuclei familiari riconducibili a Antonino Pesce, di 58 anni, detto «Testuni», detenuto; Giuseppe Pesce (57), «Pecora», deceduto; Francesco Pesce (33), «Ciccio Testuni», latitante; Vincenzo Pesce (52), «U pacciu e/o U ‘mbriacuni», detenuto; Marcello Pesce (47), «U Ballerinu», latitante; Domenico Leotta (51), «U Longu», latitante; Roberto Matalone (34), genero di Antonino Pesce, latitante; Maria Grazia Messina (69), suocera di Antonino Pesce, detenuta; Domenico Varrà (57), «Mister», detenuto; i fratelli Rocco (50) e Franco Rao (47) “U Puffo/U Nano», nipoti del defunto boss «Peppe» Pesce.
Ulteriore slancio alle indagini è venuto dalle dichiarazioni di Giuseppina Pesce, figlia di Salvatore detto «u Babbu», dalla quale i finanzieri hanno ricevuto notizie utili a cristallizzare il quadro indiziario. Cinque giorni fa, le dichiarazioni di Giuseppina hanno consentito l’arresto della madre Angela Ferraro e della sorella Marina, di 48 e 29 anni. Tra i beni sequestrati figurano anche 20 ditte individuali, due aree di servizio a Rosarno, un complesso sportivo composto da tre campi da calcio e relative strutture sportive.

IL COMMENTO DI ANGELA NAPOLI
«L’imponente sequestro dei beni alla cosca Pesce della ‘ndrangheta di Rosarno, avvenuto ad opera della Guardia di finanza e dei carabinieri, su richiesta del Tribunale Misure di prevenzione di Reggio Calabria, è frutto delle importanti inchieste avviate dalla Dda, ed evidenzia la corposità dell’impero economico di questa cosca, diramato anche in altre regioni italiane». È quanto afferma, in una nota, il deputato di Fli Angela Napoli, componente della Commissione nazionale antimafia. «Tra i beni sequestrati – prosegue Napoli – figurano anche numerose imprese e due squadre di calcio a dimostrazione di come la ‘ndrangheta sia ormai dominante nella debole economia legale della nostra Regione, rendendola illegale, e come non renda immune dalla sua presenza anche le attività agonistiche sportive. L’allarme sulla potenzialità economica della ‘ndrangheta che emerge dalle numerose inchieste della Dda di Reggio Calabria, dalle varie relazioni della Dna, dalla Dia e dalle Commissioni parlamentari antimafia non può più essere sottaciuto ed oltre all’importante attività di prevenzione operata dalla magistratura e dalle Forze dell’ordine, occorre vigilanza assoluta da parte dei mondi imprenditoriale e politico, in modo che non venga consentito alcun ingresso, al di là delle ormai inutili certificazioni antimafia, agli uomini delle cosche mafiose».

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