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di SANTINO SALERNO*
È sorprendente lo spazio che la stampa nazionale e quella calabrese stanno dedicando da giorni alle vicende che riguardano i dissensi sorti tra la giuria del premio letterario Viareggio, presieduta da Rosanna Bettarini, e il comune di Viareggio che del premio è proprietario. Nella disputa s’inserisce la Regione Calabria nelle persone del Presidente Scopelliti e dell’Assessore alla Cultura Mario Caligiuri i quali, in attesa che si chiariscano i termini della questione tra i contendenti, offrono ospitalità al Premio Viareggio affinché si celebri in Calabria e, nel nome di Repaci che lo aveva fondato nel 1929 e presieduto fino al 1985, precisamente a Palmi, città natale dello scrittore. L’iniziativa è lodevole e merita un giusto compiacimento, senonché l’offerta di ospitalità si spinge oltre fino all’assunzione di oneri finanziari, con una disponibilità mai riscontrata verso i premi letterari calabresi. Almeno verso il premio Palmi, fondato, sindaco Armando Veneto, nel 1995, anno in cui lo stesso volle gemellare la città calabrese con quella di Viareggio. Oggi, dunque, si riprende un dialogo interrotto tra la Calabria e la Versilia e va bene così se si tratta di “conseguire- come si dice – un risultato importante” o, quanto meno, creare le occasioni per una sinergia culturale purché il nostro entusiasmo non assuma l’aspetto di un atteggiamento di sudditanza. Questo pericolo lo riscontro leggendo sui giornali regionali di questi giorni che “si gongola” per una iniziativa, quella assunta dalla Regione, che “introduce novità interessanti per la Calabria” che può produrre non meglio precisate “inversioni di tendenza” e buona per far “crescere il sistema culturale calabrese”. Attenzione, con questo spirito da coloni! Attenzione con queste attese miracolistiche! In Calabria, con tutto il rispetto per il Premio Viareggio, a cui nessuno può disconoscere il ruolo fondamentale che ha svolto nella sua lunga e straordinaria storia a favore della cultura, a difesa dei valori della libertà e della democrazia, in Calabria dicevo ci sono premi che non hanno alle spalle una vita così lunga e nobile come quella del Viareggio, ma che sicuramente hanno la loro alta dignità. Nella giuria del Premio Palmi, presieduta fin dalla sua prima edizione da Walter Pedullà, unanimemente riconosciuto come il decano della Storia e della critica letteraria italiana, si sono avvicendati nomi alti della cultura nazionale: da Michele Prisco ad Alfredo Giuliani, da Salvatore Silvano Nigro a Vincenzo Cerami, da Alberto Bevilacqua a Giulio Ferroni, da Ugo Attardi ad Armando Cavazzoni, da Pasquino Crupi a Rocco Familiari, a Raffaele Nigro, a Michele Mari, a Giuliano Zincone, a Corrado Calabrò ed altri. E tra premiati un lungo stuolo di intellettuali, registi, giornalisti, scrittori, attori: Gianni Amelio, Aroldo Tieri, Raffaele La Capria, Carlo Lizzani, Matteo Garrone, Giorgio Agamben, Luigi Malerba, Gian Antonio Stella, Giuseppe Bonaviri, Elio Pagliarani, Demetrio Volcic, Francesco Merlo e la lista sarebbe ancora lunga da completare.. Altrettanto prestigioso è il Premio “Padula” che ad Acri ha fatto arrivare Mario Verdone, Mario Monicelli, Stefano Rodotà, Rosario Villari, Paul Ginsborg, Gabriele Salvatores, Adele Cambria e tanti, tanti altri . Ma le stesse considerazioni valgono per il Tropea, Il Feudo di Maida, il Reghium Julii che però, come il Palmi e il Padula non fanno notizia, non vanno sulle pagine dei quotidiani nazionali e solo nelle striminzite cronache dei telegiornali della Calabria. Ci vanno invece le notizie di nera e i fatti di ’ndrangheta. Siamo sempre in piena “Questione meridionale”; una vecchia storia, questa, dalla quale usciremo solo prendendo coscienza e valorizzando meglio la nostra cultura le nostre iniziative e alzando la schiena e la testa senza complessi d’inferiorità. Diamo pure un benvenuto al Viareggio, alla sua giuria, ai suoi premiati, da pari a pari però, nella memoria di Répaci, un calabrese che tenne alto il rispetto di sé, di Palmi, della Calabria.

*fondatore del Premio Palmi

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