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di EMILIO SIRIANNI
Seguendo le votazioni parlamentari dell’altro ieri sulla nota questione si era trasportati in una sorta di dimensione onirica. Sembrava d’essere finiti nel paese del Cappellaio Matto. Del resto è questo che tenacemente persegue da anni il capo del Governo: impadronirsi dei nostri sogni. Anzi, a essere esatti, condurci, spingerci, stiparci tutti nel suo unico sogno. Dico stiparci, perché in quel sogno si sta piuttosto stretti. Non s’espande su immaginari orizzonti, non solca mari, né sorvola montagne, non s’affaccia sui paesaggi sconfinati delle nostre paure e delle nostre speranze. È un sogno piuttosto angusto, circoscritto agli spazi d’uno studio televisivo, nel quale è messa in onda ossessivamente, sempre la stessa traccia audio di risate finte e davanti ai cui fondali di cartone si rappresentano sempre le stesse maschere. Intervallate da dettagli del corpo femminile tanto vicini da divenire improbabili anch’essi, irreali appunto. E’ la tecnica che Barbara Spinelli ci spiegava in un bell’articolo su Repubblica di ieri, dicendoci come, perché questo potere funzioni, occorrano due condizioni: essere padrone delle parole e delle leggi. A tale scopo, dunque, il mezzo televisivo è indispensabile, ma non sufficiente, occorre anche il controllo del luogo della legge per eccellenza, il Parlamento appunto. Non sia mai che un maresciallo o un giudice ci sottraggano a quel sogno. Ecco allora che il Parlamento ci dice che Berlusconi, quando fece la famosa telefonata in questura per tirare la bella Ruby fuori dai pasticci, era convinto di esercitare il suo mandato di presidente del Consiglio: lavorava per mantenere inalterate le buone relazioni fra la nostra Repubblica e l’Egitto, uno dei più importanti Paesi del Medio Oriente. Convinto che la ragazzaccia fosse l’amata nipote del presidente Moubarak, cercava di prevenire le inevitabili tensioni diplomatiche che sarebbero seguite ad un suo arresto. Cioè, non solo non provò sorpresa di fronte all’abbigliamento così poco presidenziale della nipotina e che tutti abbiamo potuto osservare in centinaia di foto e filmati, non solo non si stupì del singolare modo in cui impiegava il suo tempo, diviso fra impegni presso l’austero entourage di Lele Mora e concorsi di bellezza di quart’ordine, né del fatto che solesse trascorrere le notti ospite presso prostitute venezuelane o nei retrobottega di parrucchieri, ma neppure mai fu sfiorato da un sospetto riguardo a quella parentela. Anzi, ne era talmente sicuro, evidentemente conquistato dai modi solenni della bella fanciulla, che mai, nei molti mesi in cui ebbe la fortuna di frequentarla, ritenette necessaria una telefonata al suo ministro degli Interni o a quello degli Esteri, perché verificassero la circostanza. Neppure prima di chiamare in questura. Non lo ritenne necessario, quella, per lui, era certamente la nipote del presidente egiziano. Un deputato “responsabile”, “lib-dem” (dove “dem” sembrerebbe non stia per demenziale) o di una qualche simile denominazione ha spiegato, imperturbabile, che il suo voto a favore della tesi pro nipotina è scaturito da una “valutazione prettamente tecnica”. Ecco cosa vuol dire impadronirsi delle parole, fare come il medico reticente davanti alla pretesa del paziente d’essere informato: “la gamba gliela tagliamo per via di una valutazione prettamente tecnica”. E buonanotte. Era decisamente plausibile che la Ruby fosse la nipote di Moubarak, ce lo dicono in 314, tutti parlamentari. E buonanotte. I sogni, però, sono terre di confine, si è sempre in bilico sulla soglia del risveglio. A volte è un dettaglio a condurci oltre quella soglia. Qualcosa che, persino nella vivida irrealtà del sogno, ci appare stonato, si insinua fino alla nostra coscienza ed interrompe la trama. A dispetto delle imperturbabili “valutazioni tecniche” di quei parlamentari, quel dettaglio è, in fondo, Ruby stessa, il sorriso beffardo con il quale ci guarda dai giornali. E’ lei a farci dire “un momento! Non sono così idiota. Io non sono poi così idiota”. Da lì a guardarsi intorno è un nulla. E’ un nulla vedere le generazioni prive di futuro in fila davanti alle porte dei call center. E’ un nulla scoprire che non c’è mese senza che qualcuno si ammazzi in carceri dove a migliaia di persone è inflitta la pena disumana di sopravvivere in dieci dentro celle da tre o quattro posti. E’ un nulla vedere assessori sfidarsi a chi caccia più rom dalle proprie periferie. E’ un nulla scoprire i volti dei terremotati aquilani, ancora senza città, senza casa, senza più passato né futuro. E la spazzatura ancora per le vie di Napoli. E’ un nulla incrociare lo sguardo di quel calciatore nigeriano di vent’anni, che, ieri, dopo avere attraversato il canale di Sicilia in mezzo ad altri trecento disperati con il figlioletto di due anni serrato al petto, se lo è sentito scivolare dalle braccia in un mare nero. Proprio, quando il loro sogno era così vicino. Ecco perché vogliono furiosamente, disperatamente che si rimanga tutti in quel sogno, ma a volte basta un dettaglio…

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