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VIGGIANO – Le possibilità sono due: o Eni ha mentito sulla misurazione dei parametri dell’aria o gli strumenti dell’azienda non sono in grado di garantire un corretto monitoraggio della sua qualità. La conclusione, invece, è una sola: i lavoratori dell’Elbe Sud, che martedì sera sono finiti all’ospedale di Villa d’Agri lamentando intossicazione, avevano ragione. Quell’odore acre di uova marce, i mal di testa, l’ansia, i bruciori agli occhi e le affezioni alle prime vie respiratorie – tutti sintomi accertati dai referti medici dei sanitari del Pronto soccorso – sono stati provocati dalle emissione in atmosfera di idrogeno solforato (H2 S). Si tratta di una delle principali sostanze che derivano dalla lavorazione del petrolio del vicino Centro Oli. Un gas irritante e molto tossico, anche infiammabile, che, se presente in dosi massicce, può provocare conseguenze molto, molto gravi. E martedì sera i valori della sostanza hanno subito una sensibile variazione, checchè ne dica l’Eni che invece ha subito escluso questa possibilità . La conferma arriva dall’agenzia regionale per la tutela dell’ambiente. Uno dei dieci “campionatori passivi” posizionati nella zona – proprio nei pressi dell’azienda Elbe Sud dove si trovavano gli operai finiti in ospedale – ha rilevato nella serata valori di idrogeno solforato più che quintuplicati rispetto a quelli “soliti”. Se nella media di un anno si aggira tra 0,2 e 0,5 microgrammi per metro cubo, martedì si è raggiunto il valore di 2,7. Una quantità di sostanza che – in queste soglie – è perfettamente compatibile con i sintomi lamentati dai lavoratori. «Il dato va letto con cautela – ha chiarito il direttore dell’Arpab, Raffaele Vita – Primo perché ancora è solo parziale. In secondo luogo va precisato che, per quanto superiore alla media, si mantiene comunque al di sotto della soglia massima stimata dall’Organizzazione mondiale della Sanità in 7 microgrammi al metro cubo». Sono questi gli importanti risultati emersi dalla prima riunione della commissione d’inchiesta interna alla Regione voluta dal presidente De Filippo «per appurare la verità sui casi di intossicazione». Ora le indagini della commissione dovranno andare avanti per accertare le cause scatenanti l’episodio. I tecnici dell’Arpab sono al lavoro da ieri e sono già stati acquisiti i dati delle centraline fisse, anche se da quest’ultime non sono emerse variazioni significative dei valori di concentrazioni di inquinanti.
Ma i valori di idrogeno solforato rilevati dal campionatore passivo dimostrano comunque che qualcosa all’interno del Centro Oli deve essere successa, a dispetto di quanto l’Eni si è affrettata a smentire in quelle ore. E, ieri, nonostante gli aggiornamenti dell’Arpab la posizione non è cambiata. In una nota Eni ha dichiarato la propria «totale estraneità al fenomeno segnalato dai lavoratori della ditta», confermando che «non si è verificato alcun evento incidentale, anomalia o problema impiantistico all’interno dello stabilimento».
A supporto di quanto dichiarato la società ha dichiarato di aver mostrato, nel corso del tavolo tecnico che si è svolto in Regione, i dati del sistema di monitoraggio ambientale relativi alle portate ed alle concentrazioni degli inquinanti ai camini delle apparecchiature, e i parametri di esercizio dell’impianto e le registrazioni dei dati di qualità dell’aria effettuati dalla nostra centralina di monitoraggio. «Tutti i dati presentati sono stati messi a disposizione delle Autorità competenti e testimoniano il totale rispetto dei limiti autorizzati e l’assenza di variazioni delle condizioni di normale esercizio dello stabilimento».
Ma se il malore che ha colpito gli operai della Elbe è un singolo episodio, non lo è per niente quell’odore acre di uova marce, a volte quasi nauseante, costante fissa nelle vite della popolazione che abita a ridosso del Centro Oli. Sono loro a correre i maggiori rischi per l’esposizione a questo gas tossico che in dosi eccessive può provocare conseguenze molto gravi. Da tempo chiedono, e ora più che mai, un sistema di monitoraggio migliore, più capillare e soprattutto costante. Gli strumenti dell’Arpab misurano al momento solo periodicamente i valori di questa sostanza. Il controllo permanente è affidato ai sensori dell’Eni installati nel Centro Oli. Gli stessi che martedì scorso, quando gli operai si sono sentiti male, non hanno segnalato «alcun livello di allarme». Tanto che l’Arpab nei mesi scorsi ha deciso di dotarsi di nuove centraline per consentire il monitoraggio permanente delle emissioni di H2 S. Misuratori che però al momento non sono ancora disponibili. Per fortuna il campionatore passivo nei pressi dell’azienda è riuscito a “raccontarci” la verità su martedì sera. Un dato a cui ora Eni dovrà comunque dare una risposta.
Mariateresa Labanca
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