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POTENZA – «Primavera – estate del 2003. Io vengo avvicinato da un
imprenditore di Potenza il quale mi dice che ha qualcosa da dirmi in merito
alla vicenda di Elisa Claps. Lui ha bene in mente che cosa è successo ad
Elisa Claps, gli hanno riferito bene che cosa è successo ad Elisa quel 12
settembre del ‘93, mi dice che quel giorno Danilo Restivo ha portato Elisa
(quella domenica mattina) all’interno di palazzo Loffredo che all’epoca era
un cantiere, lì ha cercato di abusare di Elisa, la cosa è andata male,
Elisa, insomma, è caduta accidentalmente, ha sbattuto il capo, è morta.
Danilo ritorna a casa, dice tutto al padre e il padre telefona, dice questo
imprenditore, telefona al dottor Cannizzaro – erano amici Maurizio Restivo
e il dottor Cannizzaro – chiedendo al dottor Cannizzaro di aiutarlo in
questa situazione così urgente. Il dottor Cannizzaro, dice ancora
l’imprenditore, si mette in contatto con Pinuccio Gianfredi, il quale viene
messo al corrente della cosa. Cannizzaro chiede il favore a Pinuccio
Gianfredi: «Guarda è successo questo, cerca di far sparire il corpo,
vediamo un po’ cosa possiamo fare». Pinuccio Gianfredi mette in movimento
due suoi uomini, che sarebbero i fratelli Notargiacomo – che erano i
titolari di questa autofficina dove Gianfredi aveva un suo ufficio – e
questi due uomini, prendono il corpo, non entra nel dettaglio questo
imprenditore, comunque prendono il corpo e siccome loro disponevano di
acido in quel periodo, Elisa viene fatta sparire nell’acido».
Così si tengono assieme ancora una volta i due casi più abusati delle
cronache potentine: la “scomparsa” di Elisa Claps il 12 settembre, e
l’omicidio dei coniugi Gianfredi, Pinuccio e Patrizia Santarsiero, il 29
aprile del 1997. Perché in fondo, dietro a tutto, ci sono sempre le accuse
di un pentito, Gennaro Cappiello, che per quanto sconfessato continua a
tenere banco.
Parla Don Marcello Cozzi (in foto), da anni al fianco della famiglia Claps, ma anche molto attivo nelle campagne contro le mafie e l’illegalità con Libera, e una fondazione contro la piaga dell’usura. Ripete a De Magistris nel 2007 quanto aveva sentito quattro anni prima da un imprenditore di Potenza,
Pinuccio Corbo, poi riferito ai magistrati della procura di Salerno che
indagavano sul caso Claps, ma non solo a loro.
Leggenda o depistaggio, quella del corpo di Elisa liquidato in un fusto di acido è una storia che è finita persino nelle carte di “Toghe lucane”. Prima archiviata dalla direzione antimafia di Salerno, poi ripresa da Luigi De Magistris. La sua
genesi è questa qui.
«Questo personaggio – il racconto di Don Cozzi prosegue dopo la
descrizione del primo incontro – sparisce, nel senso che non mi cerca più,
io non lo cerco, cerco di contattarlo, però è sempre molto evasivo. Ritorna
da me nel giugno successivo, siamo nel giugno 2004, lui mi telefona, prende
un appuntamento – perché noi abbiamo un centro antiusura, una fondazione
antiusura – e prende un appuntamento, quindi per tutt’altro, questo nel
giugno 2004. Io però, a quel punto, quando lui mi telefona, lo faccio
attendere, cioè voglio capire se la storia che lui mi ha raccontato qualche
mese prima è la storia che in definitiva lui mi ha raccontato, perché
magari si era inventato quella storia perché il suo obiettivo era venire
alla fondazione antiusura e prendere soldi».
(1/continua)
Leo Amato
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