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Il presidente della Regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, ha illustrato questa mattina, all’Università della Calabria, i dati sul debito sanitario in un incontro dal tema ‘Dal bilancio orale alla certificazione dei dati in materia di sanità’. «Il debito gestionale sanitario – ha aggiunto – si era detto che era di due miliardi e 186 milioni, invece quello certificato, reale e concreto è di un miliardo e 45 milioni con un disavanzo gestionale che è stato di 109 milioni nel 2006; 269 nel 2007; 188 nel 2008; 259 nel 2009; 175 nel 2010».
Dopo avere invocato rispetto «anche da chi ha il dovere di informare, perchè alcuni lo fanno, altri no», Scopelliti ha sostenuto: «il nostro è un lavoro importante perchè abbiamo sottratto i soldi a chi si è arricchito sulle spalle dei calabresi, togliendoli a qualcuno che godeva di queste risorse. Abbiamo tagliato quei benefici che in alcuni casi erano anche individuabili, come lobby e settori criminali. In poco meno di un anno abbiamo fatto un lavoro egregio lanciando un segnale di discontinuità. Dietro questo primo traguardo c’è dedizione e impegno. Non abbiamo ancora vinto la partita ma quello che ci interessava è lanciare segnali chiari e netti. Questa è una prima conquista di tutti, di tutti quei calabresi che anzichè scendere in piazza ed urlare, spinti da qualcuno, hanno atteso con pazienza il nostro lavoro. Ecco il risultato va ascritto anche a loro».
«Nel 2005 – ha proseguito il governatore calabrese – col tanto vituperato Chiaravalloti, il disavanzo era di 232 milioni di euro. Quindi tutta questa acredine, queste accuse rivolte al presidente Chiaravalloti sembrano ingiuste. Al giugno 2010 il deficit era di 120 milioni con una proiezione al 31 dicembre di 230 milioni. Queste perdite vanno recuperate con la fiscalità regionale. Per servire la malasanità calabrese ci mettiamo 117 milioni dalla fiscalità ma siccome non bastano ci mettiamo dentro altri 58 milioni dal cosiddetto super massimo».
«Ci siamo posti degli obiettivi – ha detto Scopelliti – come riconvertire alcune strutture, eliminare gli sprechi e riqualificare il personale. Al primo punto c’è il potenziamento delle strutture sanitarie territoriali. Puntiamo molto sul lavoro che devono svolgere i medici di famiglia. Anche loro devono contribuire a frenare questa corsa all’emigrazione sanitaria».
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