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di NINO D’AGOSTINO

La Fiat di Melfi coincide in larga parte con la questione industriale della Basilicata e per molti aspetti con l’intera economia regionale, essendo lo stabilimento di Melfi il principale luogo di produzione, su cui si reggono le esportazioni lucane.
Il destino di Melfi è pertanto vitale per il futuro di questa regione. Seguirne le sorti da parte delle autorità politiche regionali e locali è azione prioritaria quanto strategica.
La questione va ben oltre la ridefinizione delle nuove relazioni industriali, sulla scia di quanto già fatto a Pomigliano ed a Mirafiori e riguarda il ruolo dello stabilimento in esame nella strategia complessiva della Fiat in Italia e nel mondo.
Lo spin off, attuato dal Lingotto, separando le sue produzioni e la probabile fusione con la Chrysler stanno cambiando profondamente la missione della azienda torinese. La Fiat è sempre più multinazionale. Si muove in una logica che ha poco a che fare con la retorica, come dire, patriottica o, se si preferisce, del cuore.
Il fatto che gli stabilimenti Fiat in Italia non producano utili, a differenza di quelli localizzati in Polonia ed in Brasile merita una riflessione seria che riguarda l’azienda, in tutte le sue componenti. Se i siti produttivi italiani negli ultimi due anni, come ha rilevato Marchionne (in foto) all’assemblea degli azionisti Fiat, tenuta nei giorni scorsi, sono utilizzati al 37%, contro il 78% registrato da quelli europei è di tutta evidenza che vi è, in primo luogo, un problema di mercato.
La produttività, in realtà, concerne l’intero assetto della multinazionale e quindi gli investimenti per la ricerca e l’innovazione, le capacità manageriali, la progettazione dei nuovi prodotti, il lavoro impiegato che, sia detto per inciso, incide per meno del 10% sul valore complessivo di un’auto prodotta che dipende per circa i due terzi dai fornitori.
Si pone certamente un problema di piena utilizzazione degli impianti, di abbattere il tasso di assenteismo, di maggiore organizzazione del lavoro. Ma non si può fare di ogni erba un fascio. Melfi, ad esempio, ha sempre garantito livelli altissimi di produttività del lavoro.
Schematizzando, si può pervenire alle seguenti osservazioni:1. la crisi mondiale del settore auto è sotto gli occhi di tutti, c’è un eccesso di capacità produttiva (della Fiat in particolare)che supera il 30% della domanda di auto e che spiega il frequente ricorso alla cassa integrazione, ne consegue che la produttività del lavoro è solo uno dei problemi e forse non il più importante, a Melfi, in particolare, 2. la globalizzazione impone nuovi orizzonti di competitività che vanno coltivati su un fronte d’intervento molto ampio, pubblico e privato, 3. le relazioni industriali vecchio modello non esistono più (Nicola Rossi), 4. la politica, l’azienda, i sindacati per almeno tre lustri hanno messo la testa sotto la sabbia, 5. non si può non rilevare una buona dose di ambiguità nell’approccio finora tenuto da Marchionne che prima dice che l’italianità della azienda non è in discussione e poi aggiunge che la decisione della sede, ossia del cervello dell’azienda, non è stata ancora presa, 6. siamo in presenza, in materia di relazioni industriali, della solita asimmetria tra capitale e lavoro di marxiana memoria, 7. la proposta di “prendere o lasciare” rivolta ai lavoratori ne è la conseguenza più vistosa, 8. la promessa di nuovi investimenti, nuova occupazione e nuovi modelli, fissando obiettivi di mercato molto lontani dalle tendenze di vendita in atto, è molto generica, 9. il Lingotto sostiene che si arriverà a produrre 1,4 milioni di automobili, contro le attuali 650mila , investendo 20 miliardi di euro, ma alla domanda su dove si prenderanno i soldi per i nuovi investimenti è sconcertante che si risponda, come ha fatto Marchionne, ”vengono prodotti quando vendo le vetture”, avanti per giunta ad una situazione debitoria Fiat-Chrysler molto pesante (per usare un eufemismo), 10. l’asimmetria è un fatto che non si può affrontare con angolazioni unilaterali in materia di rivendicazione dei diritti, ideologizzandone la portata e rifugiandosi in posizioni sindacali minoritarie, 11. è comprensibile il riserbo sui nuovi modelli, ma talvolta si ha l’impressione di essere avanti ad una partita di poker, nella quale le carte scoperte sono maggiore produttività e sacrifici, richiesti ai lavoratori e quelle coperte riguardano il futuribile tutto ancora da esplorare.
In questa quadro, circa le relazioni industriali, da Pomigliano e Mirafiori si passerà a Melfi, anche se Melfi ha già da tempo dato, in termini di bassi salari, di orari e turni di lavoro. Le condizioni di lavoro diventeranno ancora più pesanti, ma realisticamente alternative non ce ne sono. Ma la partita vera per lo stabilimento lucano non si gioca su questo tavolo, ma su cosa, quanto e per quale mercato si produrrà: la vera questione sono le nuove auto, i nuovi segmenti di mercato da conquistare in un contesto produttivo estremamente concorrenziale che ha un futuro, se ci si concentra su prodotti ad alto valore aggiunto, come succede in Germania, delocalizzando quelli che comportano bassi salari e auto a prezzi contenuti. Su questo piano la Fiat è in forte ritardo e ha fatto fatica a conquistarsi uno spazio di mercato nei segmenti più innovativi.
Il governo nazionale ha fatto finora da spettatore nella vertenza Fiat-lavoratori. Per Melfi il campus sulla ricerca, definito con la regione Basilicata resta ancora sostanzialmente una idea che dovrà essere verificata nell’ottica di dove sarà localizzato il core business sull’asse Torino-Detroit.
Ciò che conta è che la Basilicata non può fare a meno dello stabilimento di Melfi, dopo la crisi del polo industriale di Matera, pena il ritorno alla Basilicata degli anni ’50.
Questo significa che occorre collocare tale questione nella funzione nazionale che la regione intende svolgere in materia di approvvigionamento energetico, lanciata giustamente nei giorni scorsi dal Presidente della Giunta, De Filippo, con l’obiettivo di restituire la centralità all’impianto di ;Melfi nella nuova strategia Fiat-Chrysler.
De Filippo ha le carte in regola per esercitare una azione di moral suasion nei confronti del Governo nazionale e della Fiat: provi ad anticipare gli eventi. Chiudere i cancelli quando i buoi sono scappati non serve.

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