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Attraverso la firma di un fantomatico cliente, presentavano richiesta di risarcimento danni per disservizi imputabili ad Enel o Telecom. Dopodicchè partivano le cause davanti ai Giudici di pace, puntualmente confluite in sentenze di condanna a carico delle società convenute e a favore dei legali che, in tal modo, avrebbero trovato il modo di arrotondare lo stipendio. Ma proprio loro hanno dovuto pagare il prezzo più alto. Sedici avvocati del foro di Catanzaro, infatti, sono stati raggiunti ieri da un avviso di conclusione delle indagini che parla di truffa e falso. Le ipotesi di reato formulate contro di loro dal sostituto procuratore Simona Rossi, sulla scia degli accertamenti portati avanti per almeno un anno dagli uomini della sezione di Pg della Polizia di Stato, al comando del vicequestore Roberto Coppola. E sarà proprio quest’ultimo, nella mattina di oggi, ad illustrare in conferenza stampa i dettagli dell’attività investigativa che ha portato alla luce lo stratagemma adottato dai sedici avvocati civilisti, operanti nel soveratese.
Le cause “incriminate”, infatti, sono state celebrate tutte davanti ai Giudici di pace di Chiaravalle e Badolato, al cui vaglio, di volta in volta, sono finiti mandati puntualmente firmati da clienti inesistenti o deceduti.
Firme apocrife, utilizzate per intentare cause civili contro la società che fornisce l’energia elettrica, per lo più per questioni attinenti ai diritti di passaggio dei contratti a nuovi intestatari, e per mettere così le mani sui soldi, liquidati dall’Enel su disposizione del Giudice, a titolo di parcella prevista per l’avvocato di turno.

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