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di MASSIMO COVELLO*
«L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni: promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo». Così recita l’articolo 11, uno dei più salienti e impegnativi, che meglio qualifica la grandezza della nostra Costituzione. Purtroppo negli ultimi anni, uno dei più rimossi. Si resta basiti nello scoprire con quanta facilità e nella indifferenza dei più, questo dettato, chiaro e netto, viene adeguato alle contingenze e all’opportunismo bipartizan. Così come mette paura e angoscia, svegliarsi e scoprire che a 500 km da casa nostra sono in atto bombardamenti, e migliaia di cittadini provano a sfuggire dagli effetti collaterali: come vengono definiti con infinita ipocrisia i morti civili e le distruzioni. Sono le “bombe chirurgiche” di una grottesca coalizione che si autodefinisce “dei volenterosi”, che impegna potenze occidentali e che, trascinando con sé il nostro Paese, fino a pochi mesi fa uno dei suoi più ossequiosi alleati, ha deciso di abbattere il tiranno Gheddafi, escludendo, anzi non prendendo in nessuna considerazione altre ipotesi e percorsi diplomatici per sostenere le ragioni delle forze insorte. Serve la guerra! Una “guerra umanitaria” come quella che è stata combattuta nei Balcani, come quella che continua a combattersi in Afganistan, in Iraq, per esportare la democrazia. Non trovo plausibili, né credibili queste ragioni. Non penso che per davvero si sia fatto tutto per costringere Gheddafi a favorire una transizione democratica. Avverto semmai tanto pressappochismo e velleità neocoloniali, per coprire fallimenti politici e/o per appropriarsi di risorse senpre più scarse. Avverto il pericolo che si sia imboccata una strada sbagliata e senza valutarne gli sbocchi. Per quel che comprendo in Libia la situazione non è come in Egitto e/o in Tunisia, dove c’è stata la rivolta dell’intera popolazione. Gheddafi era ed è un dittatore conclamato e, da tempo, socio in affari di tanti paesi occidentali, non solo dell’Italia. Sarebbe stato opportuno, e lo sarebbe ancora, che il sostegno al popolo libico, affinché possa liberarsi del suo regime, avvenisse attraverso modalità pacifiche e attraverso l’azione coerente e concreta delle pressioni diplomatiche. Non si aiutano le popolazioni con le guerre. C’è una lezione in più per il nostro Paese che partecipa ai bombardamenti in nome della democrazia e della libertà e poi non difende i diritti umani, respingendo le popolazioni civili in fuga dalla povertà, dalle dittature e dalle guerre, proprio attraverso accordi con il dittatore Gheddafi. Per questo penso sia necessario dire no, senza se e senza ma, a una guerra che non porterà democrazia, che infiammerà il Mediterraneo e porterà solo lutti. Aiutiamo per davvero le popolazioni libiche così come tutte le altre che vogliono avere diritto a un futuro possibile solo con la pace e la libertà.

*segretario regionale Cgil

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