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C’ERANO anche loro. E don Luigi Ciotti lo ha sottolineato alla fine del suo discorso. I vescovi lucani hanno voluto dare il proprio contributo con una presenza discreta, ma allo stesso tempo molto apprezzata. Non erano lì solo per rappresentare il mondo cattolico, ma hanno voluto testimoniare la loro vicinanza alle famiglie delle vittime di mafia. Hanno partecipato con commozione non solo al corteo, ma anche dal palco, quando cioè sono stati chiamati a elencare i nomi delle “vittime”.
«Un vescovo – ha detto monsignor Gianfranco Todisco della diocesi di Melfi – oltre a “dire” delle cose, deve anche testimoniare “insieme” a tutte queste persone che non si arrendono di fronte a tutte le forme di violenza e di sopraffazione, che c’è una speranza. Oggi possiamo tutti dare un piccolo contributo al bene comune: un bene che appartiene soprattutto a coloro che non hanno voce, non hanno potere e non hanno forze. Oggi a queste persone vogliamo far sentire che non li lasciamo soli». Sulla stessa lunghezza d’onda monsignor Giovanni Ricchiuti, arcivescovo di Acerenza. «La nostra partecipazione vuole essere un segno. Essere pastori del popolo di Dio significa camminare con la gente e per la gente. In queste occasioni il popolo di Dio prende coscienza della continua vigilanza che deve avere su fenomeni quali quelli della criminalità organizzata che ledono e rodono il tessuto sociale. In questo tessuto penso che la voce della chiesa sia un bel segno di fiducia e speranza per tutta la gente che partecipa a questa manifestazione». «Il significato della nostra partecipazione – ha detto l’arcivescovo di Potenza e vice presidente della Cei, Agostino Superbo – si può riassumere in due beatitudini: “Beati coloro che piangono perché saranno consolati”. La Chiesa – ha spiegato – ha il dovere in nome di Cristo di “portare” ai familiari delle vittime la propria vicinanza e il senso della maternità, della fraternità e della preghiera. L’altra beatitudine è: “Beati i costruttori di pace perché possiederanno la terra”. Vogliamo costruire ponti di pace ovunque. Ma per fare questo bisogna convertirsi». Monsignor Superbo guarda anche oltre la manifestazione. Guarda al futuro di questa città che ieri ha conosciuto una pagina storica. «Dobbiamo essere creativi – ha detto – e capaci di dare origine a sentieri di speranza soprattutto per i giovani di questa città».

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