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«VERGOGNA». Per cinque volte don Luigi Ciotti (in foto) ha “gridato” dal palco il disagio di chi come lui combatte da anni contro un sistema di potere che esclude i più deboli.
Lo ha fatto con passione e partecipazione trascinando i 40.000 di Potenza.
Il sacerdote ha parlato dei mali che attanagliano l’Italia.
Dalla riforma della giustizia, ai reati contro l’ambiente, dalla clandestinità, fino alla questione relativa all’acqua, don Ciotti ha disegnato un quadro tutt’altro che esaltante del Belpaese.
«La vera forza della mafia – ha detto – è fuori dalle mafie e la corruzione è la vera mafia d’Italia».
Il suo elenco di “vergogne” inizia con il Trattato di Strasburgo del 1999.
«E’ una vergogna – ha aggiunto – che l’Italia non abbia inserito nel codice penale i contenuti del Trattato contro la corruzione. In Italia – ha continuato – si perdono 60 miliardi di euro a causa della corruzione, i soldi ci sono ma bisogna prenderli ai corrotti».
Per il sacerdote nodo fondamentale per il futuro dell’Italia è la riforma della giustizia. Senza mezzi termini don Ciotti parla di «sequestro».
«Questo progetto – ha detto – indebolisce l’autonomia della magistratura. Non è possibile sottomettere l’indipendenza dei pubblici ministeri al potere politico».
«Dobbiamo dire no alla cancellazione dell’articolo 101 della Costituzione che deve rimanere uno dei capisaldi del nostro ordinamento. Dobbiamo difendere – ha concluso – l’indipendenza della magistratura e l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge». Riferendosi poi alle intercettazioni: «senza di esse, magistrati come Caselli e Ingroia non sarebbero qui». Il fondatore di Libera invita a lottare contro la mafia «tutti i giorni, perchè la speranza e la libertà devono essere un impegno quotidiano». Un impegno che sfocia nei diritti, nel lavoro, nell’informazione libera. Tutti questi aspetti «devono guardare – ha aggiunto – al bene comune» e non «ai privilegi di qualcuno».
Un impegno che è ostacolato da scelte anche politiche che minano la libertà e la dignità dell’uomo.
«Il Vangelo ci ricorda che la persona non è un fine ma un mezzo». Ma, ha avvertito: «nessuno pronunci il nome di Dio se poi si sporca le mani con il sangue e la corruzione». Da qui l’apertura verso l’altro, verso il sofferente, verso l’ultimo. Verso chi tende la mano in segno di aiuto. Per il prete antimafia il reato di clandestinità è un’altra vergogna per quest’Italia, così come il tema dell’acqua: «non è possibile – ha aggiunto – privatizzare ciò che sta alla base della vita di tutti». Sull’ambiente e sulla questione relativa al nucleare è stato categorico: «dobbiamo votare sì al referendum».
Il pensiero è poi andato alle donne e ai giovani e al papà ultraottantenne di Salvatore, il carabiniere, di appena vent’anni, ucciso dalla mafia. Per don Ciotti la presenza del papà di Salvatore è il segno di una speranza che, nonostante tutto, non muore. «Tanta vita – ha detto rivolgendosi alla folla – nessuno ce la porterà via».
L’ultimo saluto è poi andato a Filomena. E rivolgendosi alla mamma di Elisa ha aggiunto: «c’erano anche i vescovi e sono contento che loro hanno camminato insieme a noi. La Chiesa – ha concluso – deve essere libera, coraggiosa e meno prudente». Solo così potrà dare «tanta, tanta speranza».

Giovanni Rosa

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