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di PARIDE LEPORACE
Non dimenticando che alle porte dell’Italia si combatte una guerra che coinvolge noi tutti il 19 marzo in Basilicata abbiamo vissuto una giornata
molto particolare. Neanche il regista più fantasioso poteva immaginare che,
proprio nel giorno che a Potenza in quarantamila partecipavano alla XVI giornata dell’impegno e del ricordo delle vittime di mafia promossa da Libera, nel primo pomeriggio, dopo mesi di attesa, arrivasse il provvedimento del Gip di Catanzaro che ha decretato che la cosiddetta inchiesta Toghe lucane con trenta indagati molto eccellenti del potere locale non merita di avere processo e attenzione nonostante le ponderanti accuse edificate dall’ex pm Luigi De Magistris. I due avvenimenti si fronteggiano contrapposti ma offrono una lettura comune.
Una premessa sulla manifestazione. La città di Potenza ha raggiunto un grande risultato. Il capoluogo ha dimostrato di saper accogliere e gestire grandi eventi. La macchina comunale, le forze dell¹ordine, nuove opere urbanistiche come il Ponte attrezzato, la capacità degli organizzatori, il senso comune dei cittadini hanno dimostrato un¹efficienza dal sapore svizzero che gratifica e inorgoglisce tutti. I contenuti e la partecipazione alla manifestazione meritano una prima, sommaria, ma serrata analisi. Il primo dato è la forza di Libera nazionale. Nel tempo, grazie ad un leader carismatico come Don Ciotti, nell’Italia dei misteri e delle mafie, si è diffuso un movimento di massa animato da mondo cattolico, scoutismo, associazionismo di base, professori democratici, sinistra senza partito. Trova forti concentrazioni nelle tre regioni del Sud a fortissima densità criminale ma la militanza è molto diffusa in Piemonte, Lombardia, Lazio e regioni rosse dell¹Italia centrale. E¹ un movimento in crescita molto collegato a ben individuate correnti della magistratura. Un problema è stato segnalato dal giornalista antimafia siciliano Gianfranco Criscenti che in un recente articolo ha sottolineato che il movimento della legalità non può pensare con le categorie del centralismo democratico.
Scrive Crescenti: “Non c’è spazio per le minoranze, o abbracci la linea madre oppure sei un nemico da combattere². Un assioma molto presente e militante in Libera Basilicata. La grande manifestazione è stata prepara a benissimo. E le parole d¹ordine calibrate con cura e fatte passare con generale acquisizione. La Basilicata è stata riconosciuta terra di mafia. Fedele al suo ruolo di investigatore di lungo corso, il questore di Potenza, Romolo Panico, che pistola in pugno ha affrontato camorra e ‘ndrine, ha fatto presente che i Basilischi sono stati sconfitti. Aggiungiamo noi che Scarcia e bande materane lo furono già in passato. La mafia è così globale che ha qualche addentellato lucano in forzieri di banca e finanziarie ma non può dirsi che la Basilicata sia governata dalle cosche. Molte componenti sociali e politiche locali hanno preferito abdicare nel difendere la diversità della regione. Schiacciati da un¹intemerata dal gran banchiere Draghi che da Milano ha tuonato di un calo del Pil del venti per cento causa mafia in Lucania. Innanzitutto il dato è aggregato alla Puglia (quali le due misure?) e poi nessuno ha mai letto il discorso di Bob Kennedy del 18 marzo 1968 all’università del Kansas in cui si mette a nudo l’inadeguatezza del Pil come indicatore del benessere? Qualche sessantottino passato a venerare
i banchieri ricorda ancora quelle parole? Dicevano: “Il PIL non misura né la
nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra
conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura
tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere
vissuta”.
A parte l¹economia, la mobilitazione di Libera in Basilicata ha avuto grande presa. Circa diecimila lucani hanno preso parte al corteo. Ognuno ha tirato dal versante che gli sta più a cuore. Ambiente, corruzione politica, mancanza d’alternanza, concorsopoli, malapolitica sono diventati segnale di protesta e malcontento. Ne tengano conto coloro che amministrano e che hanno cercato di mettere una toppa sfilando nel corteo. Pochi i politici che hanno avuto un netto atteggiamento di contrarietà a questa visione: la destra del senatore Digilio e del consigliere Napoli insieme ad Alessandro Singetta dell’Api.
Un grande fattore emotivo e collante sociale sul piano locale è rappresentato dalla vicenda degli scomparsi considerati morti per mafia con a capo l’inquietante e non risolta vicenda di Elisa Claps.
Don Ciotti (in foto) in testa, in nome di un impegno mai lesinato da Libera, ha rivendicato questa vicenda come elemento scatenante dal potere oppressivo e occulto lucano. Lasciando quasi intatto, come una sorta di ossimoro, le pesanti contraddizioni vissute dalla Chiesa che quel cadavere ha occultato per anni. Al punto che la mamma di Elisa non ha partecipato alla grande
veglia delle vittime probabilmente per non incontrare il vescovo di Potenza.
C’è voluta tutta la capacità di don Ciotti per un pallido momento di riconciliazione a distanza tra famiglia e vescovi alla manifestazione finale.
Tutti aspettano certezze e risposte chiare su chi ha depistato indagini,
nascosto cadaveri, omesso verità.
Giorno 19 nel corteo c’erano anche il presidente della Regione, Vito De Filippo, e il sindaco di Potenza, Vito Santarsiero. Sempre lo stesso giorno i loro nomi sono comparsi nel lungo elenco dei prosciolti di Toghe lucane che segna altre 28 persone per anni esposti alle peggiori accuse come cricca che aveva fatto sprofondare la Basilicata nel malaffare calpestando tutto e tutti. Tuona parole di fuoco l’ex procuratore generale Tufano, quasi si commuove in privato il senatore Bubbico. Il gip Maria Rosaria Di Girolamo in una cinquantina di pagine demolisce quell¹inchiesta che Luigi De Magistris bene avrebbe fatto a non sommare a questioni già troppo complesse come Why not. Punto per punto, con certosina applicazione, il gip evidenzia “impianto lacunoso”, “quadro frammentario”, “totale assenza di prove”. E anche i testimoni di quello schieramento avverso che diedero vita ad una guerra civile a bassa intensità in Basilicata vengono sconfitti dalla penna del Gip. C¹è anche don Marcello Cozzi di Libera tra loro. Il protagonista principale della manifestazione della mattina riceve giudizi non felici dal magistrato nel pomeriggio. Ora quale sarà il prosieguo? Che il magistrato non era giusto, non era quello naturale? Si opporranno tesi berlusconiane considerato che la bilancia della Giustizia non è andata nel verso giusto? Speriamo di no, ma sappiamo che il conflitto giace latente dietro l’angolo. Rafforzato da quella grande partecipazione popolare, trasversale e occasionale, della manifestazione che può trovare nuovi leader nella revanche sulla politica locale che non trova opposizione alla sua
incontrastata legittimità elettorale. Resta debole chi è fuori dalla politica e che ha subito vessazioni personali e punizioni non dovute che sarà difficile risarcire. Resta molto da capire e far comprendere all’opinione pubblica. Lo faremo con serenità e dando voce a tutti.
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