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di FRANCO LARATTA
Centocinquant’anni! Il passato si è preso il presente. Si è mangiato un tempo che non c’è più, e che forse non c’è mai stato. Centocinquant’anni. Nel parlamento in seduta comune, l’unico che ne esce vittorioso, vivo, forte è il presidente Napolitano. Con il suo ingresso lieve e solenne, salutato da un’autentica ovazione dei parlamentari e delle più alte cariche dello stato. Tutti in piedi per lui, simbolo di una patria rinata. Molti di noi si sono commossi nell’ascoltare il presidente. Nessun altro come Napolitano, uomo del passato, appare come un eroe del presente. Anzi, solo un altro uomo, anche lui appartenente al passato, ha meritato ieri sera un autentico e sentito trionfo alla Camera: Carlo Azeglio Ciampi, il vecchio e malato presidente, il viso stravolto dalla malattia che lo tiene da almeno 3 anni lontano dalle scene pubbliche. Il suo ingresso barcollante ha commosso l’aula del Parlamento. A lui ogni onore per essere stato il presidente che ha riportato in alto i valori della patria e della Bandiera. Il passato, con Napolitano, Ciampi, Oscar Luigi Scalfaro, si è ripreso la rivincita su questo strano presente in eterna transizione. Le toccanti e forti parole di Napolitano per i 150 anni dell’Unità, cozzano terribilmente con il presente di un Berlusconi in affanno, contestato al mattino davanti all’Altare della Patria, contestato nel pomeriggio in almeno altre due occasioni solenni. E sempre il solito urlo dalla folla: «Vattene, dimettiti.»! Segni di un tempo che sta drammaticamente consumandosi. Ma qualcuno non vuole capirlo. Il presente è anche quello della stupidaggine della Lega Nord-Padania, apparsa improvvisamente così vuota, così rozza, così insopportabile. Tanto che ovunque, soprattutto al Nord, le bandiere tricolore sventolavano contro i volti rabbiosi dei leghisti: contro quello del presidente piemontese Cota, rimasto in Regione “a lavorare”, mentre tutti i torinesi erano in piazza a festeggiare. E sventolavano contro i deputati e senatori del Carroccio rimasti a casa mentre il Parlamento celebrava l’Unità del Paese; contro i consiglieri regionali leghisti che nelle diverse regioni uscivano fuori mentre in aula suonava l’Inno d’Italia. La Lega da oggi è chiaramente la forza più arretrata e pericolosa del Paese. Com’è brutto questo nostro presente, fatto di uomini sempre più inadeguati, superati, autori di grandi inganni politici, che hanno prodotto fallimenti economici, crisi insopportabili, immoralità galoppante, corruzione devastante. La prima Repubblica è sempre più viva e forte, davanti a una sedicente seconda Repubblica fatta da piccoli uomini. Davanti ad un Paese sottomesso alle voglie del padrone e ai suoi volgari Bunga Bunga, emerge forte la personalità del presidente della Repubblica, nel giorno in cui il tricolore sventola su quasi tutti i luoghi del Paese: ne ho visto uno perfino in una chiesa romana, la chiesetta storica di San Nicola in via dei Prefetti. Un tricolore, che sventola in una chiesa cattolica di Roma, beh! è davvero una bella immagine. Centocinquant’anni dell’Unità d’Italia. Un solo colore: il tricolore che sventola in tutta Italia. Un grande simbolo di unità del Paese: il presidente della Repubblica, l’anziano comunista che tutta l’Italia ama e apprezza. E poi l’Inno di Mameli: faceva effetto vedere ieri in Parlamento lo storico leader leghista costretto ad alzarsi mentre la banda dei carabinieri intonava le prime note dell’Inno. Sopra di lui il presidente della Repubblica. Sopra tutti un tripudio di gigantesche bandiere tricolori.

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