2 minuti per la lettura
di PINO PAOLILLO
Dopo l’apocalisse giapponese, secondo molti politici italiani, non bisogna lasciarsi condizionare dalla paura, come hanno fatto quegli emotivi e irrazionali dei tedeschi, ribadendo pertanto la volontà di andare avanti con i progetti per il Ponte sullo Stretto e per nuove centrali nucleari. Bravi! A pensare che un terremoto potrebbe distruggere l’ottava meraviglia del mondo si rischia di diventare un popolo di menagrami e invece ci vuole un po’ di sano ottimismo, e che diamine! Non è che ogni cento anni si deve scatenare la faglia che passa tra Reggio e Messina o che si debba alzare un’onda di tsunami come quella del 1908 che provocò 100.000 morti: bisogna essere proprio iellati. E invece può pure darsi che per un po’ di tempo la terra se ne stia ferma, consentendoci di arrivare sull’altra sponda con un risparmio di ben dieci minuti. E poi, anche se arrivasse una scossa di magnitudo 7.2, il ponte, assicurano gli esperti, reggerebbe alla grande (purché non si usi il cemento annacquato della premiata ditta “Cementi ‘Ndrangheta”). Se è 7.3, si abbasserebbe un po’, se fosse 8.9, allora non reggerebbe, ma mica siamo in Giappone. Non si sono registrate scosse così forti in Italia a memoria d’uomo. Forse prima che l’uomo cominciasse a memorizzare, sì, ma che ne sappiamo? E se si lesiona, pazienza, riprenderemo il vecchio traghetto della Caronte, ovviamente dopo la ricostruzione dei porti e delle città. Questa volta, si spera, con criteri antisismici. Quanto al nucleare, cosa volete che sia Fukushima rispetto a Chernobyl? Le centrali che esplodono sono sempre o troppo vecchie o c’è stato l’errore umano o non si era calcolata bene l’intensità del sisma e non c’è mai troppo da temere. Tutti d’accordo allora: il nucleare ci vuole perché ce l’ha la Francia e tanto vale averlo anche noi. Così potremo aumentare tranquillamente i nostri consumi di elettricità, tenere tutte le luci accese quanto ci pare, anche in pieno giorno, smetterla di litigare con i figli spreconi e disattenti, accendere le luminarie di Natale a partire da novembre e fino alla Candelora e illuminare pure le stradine di campagna, così sono più sicure. E tutto ciò e molto altro con un’energia “pulita”, che, al massimo, produce radiazioni e scorie radioattive per centomila anni. Oltretutto le radiazioni non si vedono e quindi, come si dice, occhio non vede e cuore non duole. Male che vada ci si ammala di tumore e si muore. Ma, visto che di qualcosa dobbiamo morire, meglio una vita piena di tante luci. Vi immaginate la tristezza di una veglia funebre al lume di candela?
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA