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POTENZA -E’ alquanto kafkiana la sentenza della Corte dei Conti che ha condannato
l’assessore Rosa Mastrosimone (in foto), gli ex consiglieri regionali Giacomo Nardiello e Aldo Michele Radice, il consigliere Franco Mattia, il vice presidente della Regione, Agatino Mancusi, il dirigente regionale Giordano, e il parlamentare Maria Antezza.
Sentenza kafkiana perché i 7 lasciarono che Maria Antezza, Cosimo Latronico, Egidio Digilio e Carlo Chiurazzi, dopo la loro elezione in Parlamento, continuassero a percepire l’indennità di consiglieri regionali.
Stando all’accusa del procuratore generale della Corte dei conti Michele Oricchio, i 7 sono colpevoli per aver provocato un danno all’erario, ovvero
ai contribuenti.
Una vicenda che si sarebbe potuta risolvere senza alcuna sentenza se solo i 4 parlamentari lucani avessero immediatamente restituito quanto “indebitamente” percepito. Cosa che a oggi – la vicenda risale al 2008 – ancora non è stata fatta. E così alla “sbarra”sono finiti la senatrice del Pd Maria Antezza, già presidente del consiglio regionale, l’attuale assessore alla Pubblica istruzione e all’epoca dei fatti vicepresidente del Consiglio Rosa Mastrosimone, l’ex consigliere Pdci Giacomo Nardiello, già segretario dell’ufficio di Presidenza, il
dirigente Ferdinando Giordano, il consigliere Franco Mattia del Pdl, il vicepresidente della Regione Basilicata Agatino Mancusi (Api) e Aldo Radice. Tutti, all’epoca dei fatti, facevano parte dell’ufficio di Presidenza del consiglio regionale e così si spiega la condanna della Antezza.
A giudizio, infatti, non sono finiti i 4 parlamentari che hanno accumulato la doppia indennità, ma gli esponenti politici regionali che, stando all’accusa, non hanno fatto nulla per impedire l’illecito amministrativo.
Per capire meglio quanto accaduto bisogna tornare al 2008 quando quattro consiglieri regionali si candidano alle Politiche e vengono eletti. I quattro sono Maria Antezza, Cosimo Latronico, Egidio Digilio e Carlo Chiurazzi.
Dopo un mesetto dall’elezione comunicano -tra le due cariche c’è incompatibilità
– che abbandoneranno il consiglio regionale, optando per la carica di parlamentare. Le dimissioni, stando sempre all’accusa, dovevano essere formalizzate dall’ufficio di presidenza della Regione.
Cosa che non sarebbe accaduta e che avrebbe fatto sì che i quattro neoeletti,
per due mesi, si trovassero a percepire un doppio stipendio: da parlamentare e da consigliere regionale. Per la Corte dei Conti il danni si aggira sui 100.000 euro per cui, a oggi, ognuno dei condannati dovrebbe restituire alla Regione circa 15.000 euro di risarcimento. A risarcire il danno all’erario, però, dovrebbero, essere, come tra l’altro annunciato e promesso, i 4 parlamentari.
Parlamentari che, se “saldassero il conto” immediatamente, eviterebbero ai 7 condannati la presentazione del ricorso contro la sentenza della Corte dei Conti.

Alessia Giammaria

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