2 minuti per la lettura
Nezar Subih oggi ha 28 anni. Quando ne aveva 23 decise che una vita trascorsa tra le violenze del regime di Saddam Hussein e la mancanza di libertà era troppa. E così con 2000 dollari pagò un passaggio su un camion che lo portò ad Istanbul e, dopo 25 giorni di attesa, in barca con altri 80 profughi arrivò fino ad Atene e da lì, in aereo, in Svezia dove è rimasto due anni. Lungo la traversata in mare più volte ha pensato che non ce l’avrebbe fatta. «Eravamo in troppi, due di loro sono morti per la fame e la sete che abbiamo dovuto sopportare, con la pioggia, per 30 ore – ricorda. In tutto 15 mila dollari per trovare la libertà che da poco più di un anno lo ha portato a Matera dove si trova a casa fra i Sassi e il centro storico dove abita con due africani in un appartamento a pochi passi dalla chiesa di S. Agostino. Nezar racconta oggi la sua odissea per abbandonare un Paese senza libertà, pronto solo ad aprire le porte del carcere per chi non assolveva al servizio militare obbligatorio o esprimeva opinioni diverse da quelle di Saddam. Era accaduto così a suo padre che a 47 anni era stato ucciso a colpi di pistola per strada in Iraq. Un messaggio chiaro a quel ragazzo, figlio unico. Per restare vivo doveva scappare e così ha fatto. Oggi l’unica cosa che gli manca è tenere accanto a se’ sua madre, rimasta sola a Kirkuk, talmente spaventata da aver paura di uscire di casa anche per fare la spesa. In Italia, ospite dell’associazione Kafila di Matera, ha imparato la lingua e oggi grazie ai corsi della scuola Pascoli prenderà la licenza media e spera, in attesa di ricevere il permesso di soggiorno, di poter lavorare come impiegato dopo aver fatto l’operaio in una fabbrica automobilistica svedese. Il sapore della libertà lo ha sentito per la prima volta proprio nel Paese del nordeuropa. «Per oltre un mese non ho sentito nessuna sirena di ambulanza, i poliziotti non portano la pistola e finalmente ho potuto ascoltare solo il cinguettio degli uccelli». Matera lo ha conquistato nello stesso modo. «Tutti sono pronti ad aiutarti, a darti una mano. Mi sento tra amici e voglio solo cominciare a lavorare e avere una vita normale». Nel suo Paese intanto la sommossa è tornata a sollevarsi. La popolazione è insorta di nuovo contro il governo che lascia il Paese ancora nella miseria. «La protesta è stranamente assente dalle televisioni italiane e internazionali – nota Nezar – e parla soltanto di quello che succede in Libia. Eppure il nostro Paese è ricco, oltre che di petrolio anche di prodotti agricoli come i datteri di cui siamo i secondi produttori al mondo. Il Governo però, rubava». Cosa prova guardando quello che accade a Tripoli? «So bene cosa stanno vivendo e credo che Gheddafi sia anche peggio di Saddam Hussein».
COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA