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Il basso Cilento, l’estremo sud della provincia di Salerno – che già soffre ed è penalizzato perché il vorace e bulimico baricentro della Campania è Napoli, e a dominare la ribalta della scena turistica sono Capri, Ischia, Procida e il tratto della costiera amalfitana -, i Comuni che si affacciano sul Golfo di Policastro collegati tra loro dalla Statale 18 (San Giovanni a Piro e Scario, Policastro, Villammare e Sapri ), appartengono al novero dei figli di un dio minore: scarsa attenzione istituzionale e pubblica, rare e stentate opere, pochi investimenti, profilo turistico e mediatico in sottotono. Quel tratto di costa e territorio, attraversato e tenuto insieme dalla Statale 18, meriterebbe dalle amministrazioni locali, provinciali e regionali, molto di più. A soccorrere suppliscono in qualche misura , come al solito, l’operosità dei singoli imprenditori e delle associazioni di categoria, l’iniziativa dei privati, la buona volontà e la capacità di adattamento e sopportazione delle popolazioni.
Percorrendo lungo la costiera la Statale 18, ancora più a sud, ecco che si incontrano Maratea con le sue frazioni che fanno capolino sul mare: Acquafredda, Cersuta, Fiumicello, Porto, Marina, Castrocucco, vere e proprie perle di rara bellezza paesaggistica, Siti di Interesse Comunitario così definiti dall’Unione europea per la ricchezza e la peculiarità di alcune specie di fauna e flora. Ebbene, chi più di Maratea, ancora più di Sapri, Policastro e Scario, può a ragione definirsi figlia di un dio minore? Dipenderà dalla sua stessa doppia collocazione appartata e a sud: rispetto a Napoli, Salerno e Sapri, ma anche rispetto a Potenza, suo capoluogo di Provincia? Sta di fatto che la condizione di scarso rispetto e considerazione, la sua evidente marginalità, viene rimarcata e ribadita in modo particolare dallo stato di semi isolamento in cui ripetutamente, e per prolungati periodi dell’anno, versano le frazioni e le comunità collocate lungo quel tratto di costa e attraversate dalla Statale 18.
E’ vero che la conformazione orografica di quei luoghi è particolarmente vulnerabile ed esposta, è evidente pure che la manutenzione ordinaria, per le pubbliche casse costosa, è sempre meno garantita, d’accordo infine che è l’intero Sud, ma se è per questo il Paese nel suo insieme, a subire un po’ dovunque conseguenze e danni per incuria, scarsa manutenzione del territorio se non addirittura per un suo vero e proprio scempio e saccheggio. Ma io credo che se ci fosse una graduatoria e si mettessero in tabella i giorni di chiusura di quella fondamentale arteria e il conseguente pressoché totale isolamento di quelle frazioni, di quelle comunità, di quei ristoranti e luoghi pubblici e alberghi, il tratto della Statale 18 che attraversa la costa di Maratea figurerebbe in Italia sicuramente ai primi posti. La cosa grave è che non solo i disservizi e i problemi che si creano colpiscono bisogni ed esigenze come il commercio, le professioni, l’istruzione scolastica dei ragazzi, la fruizione dei servizi sanitari e ospedalieri: ma è l’economia di base, il flusso di presenze turistiche, cioè la stessa sopravvivenza futura di quei luoghi a essere minacciata.
Insomma, il paradosso è che uno dei tratti di costa sul Tirreno più belli d’Italia viene troppo spesso lasciato in una condizione di non raggiungibilità, di non percorribilità, di non fruibilità, perché la Statale che lo attraversa e unisce è chiusa in uno o più punti, a rotazione o contemporaneamente, per caduta massi, smottamenti e frane, incendi e loro conseguenze. Avete capito bene il paradosso? Maratea non è una palude o una plaga abbandonata, non è sito di nessun pregio paesaggistico e naturale: è risorsa e ben di dio definito e magnificato come tale dall’Europa e dal mondo intero. E invece se ne sta, con qualche relativo alto e molti bassi, sotto una specie di cono d’ombra di abbandono depresso. Viene perfino il sospetto che in chi ha dovere e potere di intervento efficace e risolutivo – iniziando ad esempio a mettere in sicurezza l’intero tratto di una costa vulnerabile quanto fulgida, e a garantirne così la percorribilità – ci sia una sorta di retro pensiero maligno: ma che cosa mai pretendete voi che vivete in questi luoghi di bellezza così superbamente splendida, non ne siete appagati, non ve ne accontentate? Volete pure muovervi e circolare, raggiungere quando vi pare scuola e ospedale, chiesa e centro commerciale, i vostri parenti che vi invitano il dì di festa? Vorreste pure, oltre alla fortuna che avete già, camparci a vostro agio, ricavarne perfino beneficio economico? Ma restatevene tranquilli e accontentatevi, che già disponete di fin troppo…
Insomma, non si fosse capito, chi abita e vive in quel tratto lungo la Statale 18 che partendo da Napoli e arrivando a Reggio congiunge anche – quando è libera e aperta – il tratto di costa del Golfo di Policastro compreso tra Scario a Tortora e Praia, è da ritenersi cittadino privilegiato, e allo stesso tempo vittima delle conseguenze ed effetti di una marginalità trascurata. Lì si è costretti a vivere la condizione avvilente di chi sta in un sud del sud. La natura dei luoghi è bellissima, ma la gente ci vive troppo spesso praticamente separata e isolata. Napoli a quel suo profondo sud proprio non ci pensa, Potenza, viene da dire, piuttosto poco. Toccherà appellarsi all’Unesco e farsi dichiarare, a mossa di tutela estrema, patrimonio dell’umanità? (Oppure, insieme, con una ben determinata e attrezzata calma, potremmo in alternativa rimboccarci le maniche e darci da fare come cittadini di associazioni espressione viva di quelle comunità: così come hanno fatto sabato scorso in oltre seicento cittadini di Sapri, Acquafredda, Cersuta e Maratea, guidati dai loro sindaci a manifestare in piazza per una Statale 18 messa finalmente in sicurezza).

Gian Carlo Marchesini

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