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«MA quando u facit’ nu spettacolo a Putenza?, la gente ci diceva così». Accontentati, sei anni dopo l’ultimo passaggio teatrale del trio nella città «di cui siamo orgogliosamente figli». Meridionali fino in fondo, «nella migliore accezione del termine», di quelli che «ovunque andiamo ci vogliono bene». Ma senza spocchia. Peppino Centola fratello di Tonino e Mario Ierace che con quest’ultimo è andato a scuola. Ecco “La Ricotta” a poche ore dalla prima dell’anno nel capoluogo, il trio comico più famoso della città e della Basilicata che da qualche tempo si è conquistato una grande ribalta nazionale. Merito di Zelig, il circuito comico che dal locale milanese arriva in prima serata su Italia uno. Di lì, il passo su You Tube è immediato. «Che vuole, vivevamo di spettacolo già da prima, ma Zelig è così, è considerato il “top” del passaggio televisivo per i comici», almeno stando alle risposte del pubblico. Da quel momento “t’z ok”, il tormentone dello sketch della scuola di inglese lo hanno capito (e ripetuto) pure i ragazzini arabi. «Giuro, è vero, è successo in aeroporto, dopo la terza puntata. Erano in fila davanti a noi al check-in, si ripetevano il ritornello».
Ma questa volta sarà diverso. Forse meglio. No, non si sbircia il copione, «che se no ci rovina». E va bene, allora anticipiamo qualcosina. Dello spettacolo “Vota la Ricotta” si sa che è dedicato a Potenza, che parla di Potenza, che racchiude un bel pezzo di Potenza. «Si va bè, ma c’è pure una citazione di Avigliano». La verità è che «avevamo davvero voglia di scrivere qualcosa per la nostra città, di dedicarci a questo lavoro. Ci siamo divertiti nel farlo, per almeno un anno». Senza la preoccupazione del dover scrivere pezzi comprensibili pure a Milano. «Ce l’ha presente la citazione della salita di pisciamorto fatta sotto la Madonnina?». La capisce solo l’emigrato potentino. Anche se loro sono riusciti persino a far parlare Claudio Bisio del Serpentone, di rione Cocuzzo. «Se ne sono accorti solo a Potenza». E mica è poco.
Di questa città «facciamo parte, punto. Lo abbiamo sempre detto che per noi il “nemo profeta in patria” non vale. Qui ci hanno sempre voluto bene». E come non crederci? L’eco dello sketch delle tre vecchiette in chiesa risuona persino in Svizzera. «Usiamo la cadenza lucana, ma se il pezzo è buono, funziona anche senza dialetto. Quando lo abbiamo portato nel cantone tedesco, recitavamo in italiano, modificando leggermente la gestualità. Ma hanno riso comunque». La morale è la potenza dell’espressione. «Pensi a Dario Fo, al suo grammelot, non dice niente e dice tutto». Parlano a turno, Tonino un po’ di più. Drin, drin. Il telefono squilla, mentre lampeggia lo schermo con la foto di Belen Rodriguez. «Si è appena ripresa dalla notte sanremese, mi cerca, ma faccio il prezioso». «E dai, non cazzeggiare. Nel frattempo, le va un caffè?». Gentili, faccia stanca, «preoccupati è la parola giusta. Sappiamo che c’è molta aspettative». I biglietti stanno andando a ruba. «La prima volta in assoluto che a Potenza va in scena uno spettacolo per una settimana di fila».
Avranno raccontato migliaia di volte la loro storia, ma vale la pena andare a ritroso. Ne è passato di tempo dal 1987, dai primi passi mossi nella compagnia la Maschera, dall’incontro dei due compagni di scuola e con il fratello dell’altro che frequentava la parrocchia di Sant’Anna. Si comincia nelle case degli amici, alle feste patronali, poi i concorsi, i riconoscimenti. Tra gli altri, il premio “Massimo Troisi” a San Giorgio a Cremano nel 2001, il “Bravo Grazie” di Saint Vincent l’anno successivo.
Perché “La Ricotta”? «Si parlava di cibo, eravamo in ritardo per lo spettacolo a Monticchio, colti di sorpresa, fu questa la risposta. Da allora ci chiamiamo così».
Tonino, l’assicuratore con un trascorso da consigliere comunale, Peppino il fisioterapista, Mario il fotografo. Ma quanto è passato? «Un po’». Adesso sono la Ricotta e basta, che finisce sull’agenda Comix, lavora a un prossimo film e viaggia per il Paese con al seguito i prodotti tipici. «E’ promozione vera del territorio. Il provolone è il più gettonato». Ma pare che Ezio Greggio abbia gradito pure i puparuli cruschi e i fagioli di Sarconi.
Frequentavano lo Zelig fin dal 1996: nel locale comico più famoso d’Italia, c’erano Gino e Michele e Giancarlo Bozzo, consulenti di numerose trasmissioni televisive. Poi tanta radio, tanta tv. Scelti da Pippo Baudo per “Sabato italiano”, a “Mai dire Domenica” con la Gialappa’s e nella fiction mediaset “O la va, o la spacca”. Per l’elenco completo – e non è corto – basta uno sguardo sul sito ufficiale. Il film del 2005 “Non vi sedete troppo” (Regia di Gianpiero Francese) «è stato un esperimento, secondo me uscito bene». Certo «che la ribalta televisiva aiuta. Ci sono tanti altri colleghi bravissimi, anche senza un passaggio a Zelig».
Un difetto del potentino medio? «Il provincialismo. Ma poi chi l’ha detto che è un difetto? Noi siamo potentini, amiamo e siamo amati dai nostri concittadini, e quando andiamo fuori siamo sempre gli stessi». Di quelli che osservano il mondo e dicono «Marò’, guarda quello là». E’ stato più difficile partire da questo posto lontano del mondo? «La cosa più difficile è riconoscere il talento. La gente ride e tu continui a chiederti se è un caso o sei bravo. Poi capisci che forse la cosa funziona e allora ti dai da fare». Per fare un giro lungo lungo, prima di tornare a fare finalmente nu spettacolo a Putenza.
Sara Lorusso
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