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di ROSARIA SCARAIA
“CHE COSA vuole la donna?”, si domandava Freud, avvertendo il pericolo di avventurarsi su un terreno non solo inquietante ma anche inaccessibile alla parola maschile. “Che cosa è la donna?” Mi chiedo. Sicuramente è stata costruita per essere ciò che l’uomo non è. Il suo opposto, la sua contro identità: estetica, mimica, stile relazionale, comportamenti, tutto dell’uomo è stato selezionato lungo i secoli attraverso la cifra della differenza dalla donna. L’uomo ha potuto essere qualcosa perché la donna era il suo opposto; ha potuto intraprendere attività perché alla donna erano precluse; anzi il prestigio di alcune professioni è stato da sempre proporzionale alla loro inacessibilità da parte del genere femminile. L’ambito maschile e quello femminile sono dunque rimasti a lungo separati, quasi incomunicabili, in nome di una polarità (uomo aggressivo – donna mite; uomo attivo – donna passiva) che, accanto a indubbi vantaggi legati all’organizzazione sociale, ha tuttavia comportato anche un alto grado di mistificazione. Accanto alle “icone” di riferimento maschio e femmina, sono infatti da sempre esistite persone reali: uomini miti o passivi donne aggressive o semplicemente desideranti, che solo da poco hanno cominciato a rivelarsi in cerca di un senso, di un nuovo universo simbolico che le spieghi e le includa nel processo di elaborazione culturale. Anche sul versante maschile si sta facendo strada, seppur timidamente, qualche tentativo di “autocoscienza”, e in qualche caso un vero e proprio progetto di analisi critica degli stereotipi di virilità. Scrive Franco Bolelli: “Le richieste femminili – quelle che non mirano a restringere gli orizzonti – andrebbero vissute come una sfida e una spinta vitale ,non certo come una minaccia. Pensare la condizione maschile non più come a un assoluto, bensì come a uno specifico aspetto dell’umano, costantemente in relazione alla sua controparte femminile. E’ stato detto che gli uomini restano sempre spiazzati quando si accorgono che le donne possono essere, se vogliono, come gli uomini . Aggiungo che anche le donne sono spesso spiazzate per la stessa ragione. Che le donne non siano destinate a un percorso di autolesionismo è dimostrato dalle innumerevoli casi di donne pacificate con sé stesse che hanno cercato ,non senza fatica ,di costruirsi un vita improntata al rispetto di sé senza eccessi di dedizione o di narcisistico ripiegamento. Queste persone esistono e non sono certo perfette, anzi. Sono donne che accettano i propri limiti senza sentirsi inadeguate, che riescono ad essere assertive senza sentire il bisogno di schiacciare gli altri, che si rapportano con le donne come con gli uomini: amandone alcune/i, ignorandone altre/i. Né gli uomini né le donne possono oggi rinunciare a essere il più possibile assertivi ,coscienti di sé e dei propri bisogni ,ma insieme disposti alla riflessività, alla passività intesa come capacità di ascolto del pensiero e delle ragioni altrui, all’attesa, alla cura. L’antica mistificazione ,la favola della donna emarginata ma buona, la strategia che consiste nell’attribuire al solo femminile, grazia, gentilezza e attitudine alla cura, non funziona più. Dobbiamo, tutti, prenderci cura del mondo, a cominciare dalla nostra casa, dai nostri bambini, dai nostri anziani. Tutti, anche gli uomini. E se il loro principale timore è la virilità, li invito a riflettere su qualche affermazione che ci proviene da un antico sapere. Il Tao, infatti, ricorda che: “Un buon guerriero non è bellicoso Un buon guerriero non è collerico Un buon vincitore non dà battaglia Fra i due combattenti ,vince colui che cede”. Decenni di lotte e conquiste sociali sembrano non avere scalfito il nucleo fragile del femminile. Tutti femministi! La piazza e il tempo della nostra saggezza, qual è l’obiettivo? La testa di Berlusconi. O, più in generale ,il machismo della nostra politica? Non c’è protagonismo politico, in mancanza di chiarezza. Le donne reali non corrispondono agli ideali di nessuno e forse questo non sarebbe capitato, se a decidere ci fossero state anche donne. La politica assuma con decisione il doppio sguardo. Anche una premier, perché no? Sarebbe l’esito naturale di questa assurda storia italiana. Siamo tutti pronti. Ma i politici ,loro no.
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