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E’ trascorso un anno da quando il tratto di strada che collega Dipignano a Paterno Calabro è crollato per circa cento metri, a causa di una grossa frana cha ha fato precipitare il costone di montagna fino al torrente sottostante. La strada non è transitabile da lungo tempo e tale situazione ha creato grossi problemi ai cittadini, costretti a muoversi su percorsi alternativi disagiati e molto più lunghi di quello danneggiato dal movimento franoso (quindici chilometri in più da percorrere, a fronte dei tre di strada crollata).
Il presidente della Provincia Mario Oliverio, insieme ai tecnici del settore e all’assessore provinciale alla Viabilità Arturo Riccetti, si è recato ieri mattina proprio sul tragitto i cui si è aperta la voragine per avere contezza della situazione attuale. Il bilancio dei danni è di quattro milioni di euro solo per ripristinare il tratto interrotto e realizzare la sistemazione idrogeologica di tutti i versanti circostanti. Soldi che non arriveranno mai. E’ per questo motivo che, nonostante le quattro ordinanze per calamità naturali andate a vuoto e i quindici milioni di euro previsti dal governo Prodi (e subito revocati con la nuova legislatura), la Provincia ha deciso di dedicare parte della quota destinata all’aggiustamento della frana (cinquecentomila euro) per rendere agevole la strada comunale che collega Paterno a Dipignano. Il diciotto febbraio ci sarà la gara d’appalto e l’assessore Riccetti prevede di terminare i lavori per fine agosto. Si tratta comunque di un intervento marginale, per quanto atto a rendere meno drammatica la situazione per gli abitanti di Paterno. Il comune di circa mille e duecento abitanti, infatti, è completamente isolato. Non c’è una guardia medica, le scuole dipendono dalla direzione di Dipignano, e con la strada impraticabile un’emergenza di qualunque genere rischia di diventare tragedia. I danni subiti dalla provincia di Cosenza negli ultimi anni ammontano a trecento milioni di euro circa, che dovrebbero arrivare dal Ministero, dai fondi europei e dalla Regione. Ma il Ministero taglia, o manda i fondi Fas al nord (si pensi che 330 milioni di euro sono stati spesi per l’organizzazione di “alcune fiere”), e quelli che riescono ad arrivare li blocca la Regione. In altre parole, è un cane che si morde la coda. «Bisogna studiare le soluzioni meno costose e più rispondenti al problema – commenta Oliverio -. La Provincia ha già fatto fare degli studi mirati e da quegli esiti ha progettato piani di sistemazione idrogeologica per tutti i versanti e di raccolta delle acque. Le soluzioni esistono, ma mancano i mezzi».
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