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POTENZA – «Lagonegro non si fece coinvolgere dal clamore per questa vicenda. È sempre stato un paese molto apatico». L’avvocato Pierluigi Ferrara è un testimone d’eccezione. Nel 1976 era in aula nel Tribunale di Lagonegro con il padre. Difendevano Pasquale e Vincenzo Mammoliti, che erano accusati per il rapimento di John Getty III. «Si disse che non c’erano sufficienti indizi». Per questo vennero assolti entrambi.

Non fu un processo facile, ma di sicuro a Lagonegro tanta attenzione non c’era mai stata. Molti hanno esagerato raccontando di un paese blindato. Altri si sono sbizzarriti lavorando di pura fantasia. Qualche mitomane diede sfogo alle sue ossessioni. Per un periodo a Lagonegro ci fu addirittura un “corvo”, un anonimo spifferatore, che nei suoi scritti indirizzati al presidente della Corte adombrava complicità di notabili del posto. Non che mancasse l’umanità per costruire una storia coi fiocchi, ma per qualcuno è sempre meglio abbondare.
C’erano il miliardario, l’hippy, il playboy, il boss, il fantino, e il
misterioso dottore.

Il primo era lo stesso avaro e pieno d’oro che aveva ispirato il personaggio di Paperon de Paperoni alla matita di Walt Disney. E di fatti, il 26 luglio del ‘73, quando arrivò la richiesta di un riscatto di due miliardi poi salito fino dieci, il padre di Paul Getty III, Paul Getty II, restò scettico mentre il patriarca in persona, Paul Getty e basta (in foto), dalla sua reggia nel Surrey in Inghilterra, rispose picche così: «Ho 14 nipoti – disse “Paperon/Getty” – e se pago per uno, prima o poi mi rapiscono anche gli altri».

Paul Getty III viveva tra gli hippy di Campo dei fiori a Roma. Si sarebbe sposato poco dopo la liberazione con una modella tedesca. Lei per il matrimonio avrebbe indossato un abito nero mandando su tutte le furie il capo famiglia. Lui per un’overdose di lì a qualche anno sarebbe stato colpito da un ictus che lo ha lasciato quasi cieco e paralizzato. Saro Mammoliti avrebbe accumulato storie e soprannomi, un’evasione e una lunga latitanza. Da “primula rossa”, a “boss playboy”, passando per la Jaguar e le scarpe lucide, sono tanti anche i feticci del suo passaggio fino a quando ha scelto di collaborare con la giustizia. Tra mille imprese avrebbe anche ammesso di aver preso parte al rapimento.

Il fantino è uno dei due che venne condannato a causa di una malformazione che in termini medici si chiama valgismo e deforma la parte inferiore degli arti. La cosa era rimasta impressa all’emissario dei Getty quando aveva consegnato il riscatto portando all’identificazione dell’esattore della banda.
Infine il dottore. «La chiave del processo è tutta qui», diceva il sostituto procuratore Maurizio Rossi in un’intervista a gennaio del ‘74, poco dopo gli arresti. «Mistero sul medico che mozzò l’orecchio al ragazzo». Titolava il pezzo sulla Stampa di Torino. Poi non se n’è saputo più nulla. Nel dibattimento sarebbe emerso che il taglio sarebbe stato fatto in maniera molto rudimentale, ma a lungo gli investigatori hanno lavorato anche su questa pista. Forse il sostituto procuratore aveva visto giusto: senza «la chiave», il processo non avrebbe dato i frutti sperati.

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