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MELFI – Mentre l’ad Fiat annuncia risultati «insperati» per Chrysler e la stama americana esalta Marchionne aver fatto “rinascere” la piccola di Detroit la Sata di Melfi torna a fare i conti con la cassa integrazione. Il 28 febbraio e il 7 marzo lo stabilimento rimarrà chiuso per adeguare la produzione alla domanda di mercato della Punto Evo. Lo ha annunciato ieri la direzione aziendale in una riunione convocata per le 15 e 30.
E intanto ieri la produzione è rimasta a causa del mancato arrivo di un componente da un fornitore estero. Si tratta di un manicotto dell’impianto di carburante montato sulla Grande Punto. Le linee sono state bloccate a partire dalle 22 di lunedì sera, fino alle 22 del giorno dopo. Ma la fornitura rimane comunque in forse perché si tratta di pezzi prodotti in Tunisia dove in corso la violenza rivolta araba.
Ma se l’immagine del manager del Lingotto è in continua ascesa negli Usa, in casa nostra il capogruppo dell’Idv al Senato, Felice Belisario, torna sulla potata bollente Melfi che si appresta ad adeguarsi al modello Mirafiori e attacca: «L’ad Fiat – ha aggiunto il parlamentare – sta facendo il bello e cattivo tempo a Melfi, stoppando a suo piacimento la produzione e abusando della cassa integrazione pagata da tutti gli italiani».
«La Sata – dice inoltre – non può essere considerata il retrobottega della Fiat, come Marchionne sta facendo grazie all’assenza del Governo e alla divisione dei sindacati». Il senatore insiste sulla necessità di far fronte ai nuovi scenari attraverso l’unità sindacale di tutte le sigle e una nuova maggioranza che potranno costringere il gruppo torinese ad investire per far lavorare gli stabilimenti e l’indotto a pieno regime.
Per il senatore è necessario un’azione sindacale comune, sostenuta da un Governo schierato «dalla parte dei cittadini», per pretendere da Marchionne una nuova strategia e tutelare così i diritti di tutti i i lavoratori. Insomma, un piano di investimenti per mettere in condizione lo stabilimento di produrre più e meglio e la richiesta può partire solo da un confronto serio con tutte le parti sociali.
Arriva, invece, dal segretario generale della Uil lucana, Carmine Vaccaro, l’invito ad allargare subito il confronto anche sull’indotto di San Nicola. Un confronto «non più rinviabile», anche dopo il fermo della produzione nello stabilimento del gruppo torinese a causa del mancato arrivo di un componente prodotto all’estero. Il segretario parla di «scelte scellerate» che hanno visto, già da qualche anno, gruppi industriali dell’indotto Fiat trasferire all’estero (Tunisia, Turchia, Serbia) attività e quindi commesse acquisite da Fiat per Melfi. «Per questa ragione, un altro elemento da cui partire con una posizione unitaria è quello della trattativa sulla maggiore e diversificata produzione in Sata. Questione che sta a cuore particolarmente alla Confindustria lucana che ha bisogno di stoppare i trasferimenti di produzione all’estero e dunque di ampliare l’attività dell’indotto a San Nicola di Melfi, di accrescere le relazioni aziende-Fiat». Vaccaro ha chiesto a Confindustria Basilicata di «far sentire la voce degli imprenditori lucani nei confronti del management Fiat perchè le commesse dell’indotto siano tutte localizzate a San Nicola. Una richiesta – ha concluso – strettamente collegata a quella del secondo modello di auto che tutti rivendichiamo attraverso nuovi investimenti sia all’interno del Programma Fabbrica Italia sia della “mission” affidata al Campus Tecnologico Auto di Melfi».
Anche per i segretari dell’Ugl metalmeccanici e dell’Ugl di Potenza, Donato Russo e Giuseppe Giordano «è inutile, anzi dannoso non guardare la realtà industriale della Fiat in Basilicata». «Vanno individuati – scrivono in una nota congiunta – strumenti idonei che nella situazione di grande crisi in cui ci troviamo e da cui non riusciamo ancora ad uscire emerga, con la disponibilità ad un confronto serio e approfondito con tutti, un accordo che permetta di assegnare un nuovo modello auto da produrre nello stabilimento lucano definendo le condizioni per il futuro con una strategia aziendale che premi si Fiat ma non penalizzi i lavoratori, improntato su un accordo ben fatto che garantisca produttività collegata alla redditività».
E nel frattempo da Melfi giunge pure un’altra notizia. Le organizzazioni di categoria hanno riferito l’annuncio dell’azienda relativo all’avvio della procedura di trasferimento del ramo “sicurezza industriale” dalla Sata alla società Sirio, con effetto dal primo marzo 2011. Il personale della sicurezza, quindi, «non sarà più alle dipendenze dirette di Sata, ma di una società terziarizzata».
Mariateresa Labanca
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