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di ROSA RIVELLI e ASSUNTA COLLAZZO *
NOI DONNE lucane di Sel oggi saremo con la Fiom a Melfi. Le donne lucane di Sinistra Ecologia Libertà aderiscono allo sciopero indetto dalla Fiom Cgil del 28 gennaio. Saremo a Melfi con le operaie e gli operai a dire con forza che il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro non è derogabile, e che la legalità, la democrazia e la libertà di rappresentanza sindacale vanno difese perché riguardano tutto il mondo del lavoro. Ci saremo perché anche noi come la Fiom pensiamo che la precarietà e il dominio del mercato divorano la vita delle persone. Sel, il nostro partito, fa bene a sostenere le rivendicazioni della Fiom, ed è nostro dovere, nel rispetto dei ruoli dell’autonomia del sindacato e del partito, ridare rappresentanza politica alle donne e agli uomini che dalla catena di montaggio si sono ribellati al ricatto. Abbiamo consapevolezza della grevità del tempo in cui viviamo, di quanto soffocante e talvolta spaventoso è il degrado e l’arretramento politico sociale e culturale che spesso più che provocare scatti di ribellione suscita pessimismo e un “intristimento” diffuso di cui,con la precisione e la spietatezza dei numeri, ci ha parlato l’ultimo rapporto Censis. Ci preoccupano le reazioni di chiusura, quasi a protezione degli ultimi residui d’incerte sicurezze, in spazi che sono diventati sempre più piccoli, e il crescere di delusioni e paure, compresa quella di non riuscire a stare a galla. Occorre alimentare la creazione di luoghi di resistenza democratica alla sistematica educazione alla mediocrità e al consumo, alla mercificazione del corpo femminile e alla volgarità dilagante. Va colmata quell’assenza di interpreti pubblici dei bisogni sociali che alimenta l’abbandono della politica, dei partiti, della conoscenza e responsabilità su quanto accade fuori di noi. Sappiamo che tutto questo non è si è certo verificato a causa di arcani e misteriosi fenomeni. Emblematica di questa disgregazione è quanto avvenuto nel mondo del lavoro. A cominciare dalla frantumazione e polverizzazione della classe operaia, intesa quale luogo inclusivo di tutto il mondo del lavoro, dello spazio collettivo in cui donne e uomini attraverso l’agire democratico del conflitto di classe affermavano l’irrinunciabilità della dignità e dei diritti, e il lavoro rappresentava uno e non l’unico degli strumenti per realizzare la propria autonomia, la ricchezza della propria terra, la costruzione di futuro. Oggi, la deregolamentazione del lavoro, le più inverosimili forme di contratti e la precarizzazione del tempo e della vita sono utilizzate come clave per isolare le persone e generare insicurezze sulle quali s’impongono ricatti e sottrazione di spazi di libertà e di pensiero autonomo. Salvo poi scoprire che così automatico non è. Proprio dalla catena di montaggio e dal luogo simbolo del capitalismo italiano arriva la lezione di una splendida moltitudine di uomini e donne che in questi anni non hanno smarrito la voglia di lottare non solo per sé, ma ancora per i diritti di tutti, forti di un sapere che riviene dalla memoria storica delle lotte operaie, degli studenti, delle donne e che “sanno” di sudore e di impegno antifascista, contro ogni forma di oppressione. A Mirafiori, hanno urlato che ci sono limiti invalicabili e che a casa si può tornare decorosamente se a nessuno si è permesso di ledere la dignità o comunque si è lottato ostinatamente perché ciò non avvenisse. Quello che più ci ha colpite della vicenda di Pomigliano e poi di Mirafiori sono proprio i volti, le voci, la postura dei corpi, le espressioni degli occhi, fino alle lacrime dell’ex operaio davanti ai cancelli. La rabbia e la fierezza di chi ha votato No e ha voluto dirlo forte, ma anche le troppe facce sconfitte, tristi, spaventate di chi ha violentato se stesso e votato Si. In opposizione a quest’umanità si è armato di arroganza inaudita Marchionne, non certo da solo, che già il giorno dopo il referendum ha dichiarato che ora è il turno di Melfi e Cassino. Di fatto, dimostrando la concretezza dell’allarme e delle posizioni della Fiom. Quel padrone che per imporre il suo modello devastante si colloca fuori da tutte le norme e le regole, dalla Costituzione Italiana allo Statuto dei lavoratori, dal Contatto nazionale e persino da quelle, non certo nostre, di Confindustria. Ora tocca a noi dire come, la rabbia espressa dal movimento degli studenti medi e universitari e le giuste rivendicazioni operaie s’intrecciano fra loro; come innovazione tecnologica e ricerca si declinano con l’economia e lo sviluppo eco sostenibile che vogliamo costruire per la nostra terra. Nel primo incontro delle iscritte di SEL ci siamo impegnate a leggere l’accordo vergognoso imposto a Mirafiori con il nostro sguardo di donne, per approfondire gli effetti che potrà produrre sui corpi, sulla salute psicofisica, sulla vita lavorativa e su quella privata, sull’ulteriore penalizzazione della possibilità di gestire con serenità il residuo tempo disponibile per la cura della propria persona e degli affetti, del rischio concreto di aumento degli incidenti sul lavoro, sull’impatto complessivo di una visione che riduce le persone a braccia per “faticare”, alterando la percezione di sé di chi già oggi non lavora affatto in condizioni soddisfacenti. Pensiamo che minacciare il diritto alla salute e al dissenso democratico siano il segno della medesima riduzione a nuove forme di schiavitù. Per questo vogliamo capire dove si scarica, e chi subisce, il peso delle frustrazioni provocate da tali costrizioni. Per tali ragioni e molto altro ancora saremo a Melfi e in tutte le piazze dove oggi 28 gennaio si sciopera e ci rivolgiamo alle istituzioni, agli organismi di parità, alle associazioni affinché questa giornata sia vissuta nella pienezza dei suoi molteplici significati.
*Componenti dell’Assemblea Nazionale di Sel

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