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E’ LUGLIO del 2008, e la Procura di Potenza sta indagando su un presunto traffico di rifiuti radioattivi in Basilicata. Alle 8 e 44 del mattino, Silvio Cao, ex del Consiglio di amministrazione della Sogin (la società statale che gestisce lo smantellamento delle vecchie centrali) si trova nell’ufficio del generale Carlo Jean, primo commissario della Sogin con poteri speciali affidatigli dal governo Berlusconi nel 2003, l’anno della rivolta di Scanzono Jonico contro il sito unico di stoccaggio dei rifiuti. Dall’utenza telefonica del generale Cao telefono a un tale Giancarlo, per chiedergli se ricorda i nomi che erano stati individuati da loro per le seconde categorie. Cao fa subito riferimento al fatto che uno era Craco e poi chiede quali altri siti erano stati individuati dove portare le scorie di seconda categoria. La persona all’altro capo del telefono (molto verosimilmente di tratta di Giancarlo Ventura, componente della prima task force Enea incaricata, nel 2003, di individuare il sito nazionale di deposito dei materiali radioattivi). Questi nella prima telefonata dice di non ricordare, che ha bisogno di qualche minuto per controllare. E infatti dopo circa una ventina di minuti parte la seconda telefonata. Alla richiesta di Cao, l’interlocutore risponde leggendo un file che contiene una lista di sei siti: due in Basilicata, uno in Lazio e tre in Puglia (per quelli di tipo superficiale)».
Ma ad ascoltare la conversazione ci sono i carabinieri che scrivono tutto in un’informativa. Il sostituto procuratore antimafia, Francesco Basentini, che coordina l’indagine sui rifiuti (poi archiviata nel dicembre del 2009) ipotizza un coinvolgimento dei vertici della Sogin. E tra i telefoni intercettati c’è anche quello del generale Jean. Dalle conversazioni emerge chiaramente che è proprio Craco, in provincia di Matera, il primo luogo individuato. Secondo Rotondella, o Scanzano Jonico perché è qui che il centro Itrec custodisce i rifiuti.
A tirare fuori i contenuti di quelle telefonate è un articolo dell’Unità, apparse sulle pagine del quotidiano lo scorso 21 gennaio, dal titolo “Emilia e Basilicata, ecco dove finiranno le nostre vergogne nucleari”, che anticipa il libro “Bidone nucleare” di Roberto Rossi (BUR-Rizzoli Corriere della Sera) che uscirà nelle librerie il prossimo 9 febbraio. «Saranno Emilia Romagna e Basilicata – scrive il giornalista Roberto Rossi – ad accollarsi le mostruosità del Garigliano, gli scarti di Trino Vercellese e Saluggia, di Latina, i rifiuti dell`Enea di Rotondella di Matera. Saranno queste due regioni, con tutta probabilità, ad ospitare nei prossimi anni, ma si farebbe meglio a dire millenni, le scorie nucleari prodotte in Italia, eredità di un passato che si pensava sepolto e che il governo Berlusconi ha riesumato».
Lo scorso settembre la società controllata dal Tesoro aveva fatto trapelare una rosa di siti, parlando di 52 aree possibili. Ma evidentemente i siti ritenuti più idonei – anche se la cosa è smepre stata smentita dalla Sogin sono poco più di cinque. E tra questi proprio Craco è il pole position.
Nell’informativa i carabinieri scrivono ancora: «(…) Dopo aver ribadito che i superficiali erano i sei prima individuati, il Giancarlo dice che i subsuperficiali erano nove. Ed erano tre in Basilicata, uno in Campania, uno in Emilia Romagna, uno nel Lazio, uno in Puglia, uno in Sardegna e uno in Toscana».
Dunque: Basilicata, Campania, Emilia, Lazio, Puglia, Sardegna e Toscana sono le candidate per ospitare i rifiuti a più alta intensità, che decadono in tempi dell’ordine delle migliaia di anni. La telefonata prosegue: «Poi (CAO) chiedeva i nomi dei primi classificati delle due categorie e il Giancarlo dice che sicuramente avevano messo Craco e quello dell`Emilia Romagna».
Ma Craco potrebbe essere individuata anche per un deposito di prossimità. Del paese del Materano se ne parlava già negli anni addietro. In un verbale di dichiarazioni come persona informata sui fatti, redatto nel marzo del 2004 dalla Procura di Potenza, Paolo Togni (che ha lavorato per Sogin per parecchio tempo, dice: «Già intorno al 1967 era stato individuato il sito di Scanzano in una indagine del servizio geologico nazionale. Il secondo sito della Basilicata considerato idoneo è quello di Craco».
ma.la.
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