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E’ ripreso oggi, con l’audizione dei primi testimoni chiamati dalla pubblica accusa, il processo a carico delle 27 persone rinviate a giudizio a seguito della nota inchiesta «Why not». L’indagine, coordinata dall’allora sostituto procuratore della Repubblica di Catanzaro Luigi de Magistris e poi, dopo l’avocazione, affidata alla Procura generale di Catanzaro, riguardava un presunto comitato d’affari politico affaristico che avrebbe illecitamente gestito i soldi pubblici destinati allo sviluppo della Calabria. Nell’aula del tribunale collegiale di Catanzaro, durante un’udienza fiume iniziata stamane e conclusasi da poco, è stato sentito uno dei Carabinieri che prese parte alle indagini e, di seguito, alcuni ex dipendenti della società Why not, che hanno deposto sulle attività che svolsero per la società e sui soggetti cui facevano capo nel lavoro. Il processo riprenderà il 27 gennaio, e proseguirà anche il 14 febbraio ed il 4 marzo per sentire altre persone dalla lista particolarmente lunga, che conta circa 400 testimoni tra quelli citati dai sostituti procuratori generali Massimo Lia ed Eugenio Facciolla e quelli citati dai numerosi difensori. All’avvio del processo, prima dell’estate, i giudici avevano già ammesso la costituzione di parte civile della Regione Calabria e di Fincalabra, entrambe parti offese rispetto ad alcune ipotesi di reato legate alla presunta gestione illecita di alcuni progetti finanziati con soldi pubblici. Sul banco degli imputati siedono le 27 persone rinviate a giudizio lo scorso 2 marzo, tra le quali anche Caterina Merante, testimone chiave dell’inchiesta «Why Not», chiamata a rispondere dell’unico capo d’accusa contestatole: una contravvenzione alle leggi in materia di lavoro. Gli altri sono Aldo Curto, Marino Magarò, Gennaro Ditto, Francesco Morelli, Antonio Mazza, Rosario Caccuri Baffa, Giorgio Cevenini, Rosalia Marasco, Ennio Morrone, Cesare Carlo Romano, Rosario Calvano, Dionisio Gallo, Domenico Basile, Giancarlo Franzè, Antonio Gargano, Filomeno Pometti, Michelangelo Spataro, Michele Montagnese, Pasquale Citrigno, Pasquale Marafioti, Clara Magurno, Alfonso Esposito, Giuseppe Pascale, Ernesto Caselli, Nicola Adamo, A. G. G.. (A
Sempre il 2 marzo il giudice dell’udienza preliminare Abigail Mellace, si è pronunciata a proposito dei tanti giudizi abbreviati richiesti oltre che del procedimento con rito ordinario, facendo sostanzialmente crollare tutte le più gravi accuse inizialmente ipotizzate a vario titolo, che complessivamente andavano dall’associazione per delinquere, all’abuso d’ufficio, turbata libertà degli incanti, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, frode nelle pubbliche forniture, peculato, corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio, istigazione alla corruzione, estorsione, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, fino a contestazioni minori in materia di lavoro. Per quanto ha riguardato i riti abbreviati, 8 imputati sono stati condannati. Tra loro il principale accusato, l’imprenditore Antonio Saladino, ex leader della Compagnia delle opere in Calabria, che ha avuto una pena di due anni di reclusione, e 34 assolti completamente, tra cui l’ex presidente della Regione Calabria Agazio Loiero, e l’ex governatore Giuseppe Chiaravalloti. Per quanto ha riguardato la normale udienza preliminare, 28 persone sono state completamente prosciolte, e 27 rinviate a giudizio. Avviata nel 2006, l’inchiesta «Why not» conquistò la ribalta delle cronache nazionali soprattutto per il coinvolgimento dell’ex ministro della Giustizia Clemente Mastella, la cui posizione è stata archiviata nell’aprile del 2009, e dell’ex presidente del Consiglio Romano Prodi, per il quale l’Ufficio gip ha disposto l’archiviazione a fine novembre 2009. Dopo che il giudice Mellace ha depositato le motivazioni delle decisioni assunte il 2 marzo, la Procura generale ha deciso di impugnare alcuni proscioglimenti ed alcune assoluzioni. Infine, per quanto riguarda alcuni atti che sono stati rinviati alla Procura generale per verificare la commissione di eventuali ulteriori illeciti non contemplati nell’inchiesta originaria, questi sono stati posti all’attenzione della Procura ordinaria ed assegnati a due pubblici ministeri.
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