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Un anno dopo la rivolta degli immigrati e la controrivolta della popolazione locale, in città a Rosarno, la situazione è tornata alla normalità. La presenza dei migranti africani è fortemente diminuita, ma non tanto per paura di nuovi fatti violenti, quanto, piuttosto per gli effetti della crisi del settore agrumicolo. «Molti produttori – spiega il sindaco Elisabetta Tripodi, del Pd, eletta a metà dicembre dopo due anni e mezzo di commissariamento – non hanno convenienza a fare raccogliere arance e mandarini per 7 centesimi al chilo, la metà di quello che sarebbe il prezzo».
Secondo le stime, gli africani adesso sono circa 800 in tutta la piana di Gioia Tauro. Lo scorso anno ce n’erano 900 solo in una ex cartiera abbattuta dopo la rivolta. Il loro posto è stato preso da cittadini dell’Est Europeo, soprattutto bulgari e romeni. Quella che resta «drammatica» è la situazione abitativa. I due ghetti che lo scorso anno erano occupati dai migranti, non ci sono più ed i lavoratori si sono dispersi in vecchi casolari abbandonati nelle campagne della piana, senza luce e senz’acqua. Nel novembre scorso uno di loro è morto per una polmonite.
«Per l’accoglienza – dice il Sindaco – a livello nazionale non è stato fatto niente. Noi abbiamo individuato un’area per una struttura da 120 posti. Attendiamo i container della protezione civile regionale. Poi sistemeremo bagni e docce». Intanto, in vista del 7, giorno in cui scoppiò la rivolta, Cgil e la rete Radici, hanno organizzato un corteo che partirà dalla piazza intitolata a Peppe Valariori, il segretario del Pci di Rosarno ucciso dalla ‘ndrangheta nel giugno del 1980 cui seguirà, a Reggio Calabria, un incontro col Prefetto. La sera prima, invece, è in programma la «Festa della mondialità», con degustazioni di prodotti tipici e musica popolare.
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