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di MASSIMO CLAUSI
IL 2010 in Calabria, da un punto di vista politico, non si è certo chiuso nel migliore dei modi. L’approvazione del bilancio regionale ha ripercorso tutti i clichè da Prima Repubblica, con il documento economico-finanziario approvato nel cuore della notte del 23 dicembre e infarcito di emendamenti che poco o nulla c’entrano con la materia contabile. E’ il caso, ad esempio, dell’emendamento sulle energie rinnovabili che snellisce le procedure per la realizzazione di nuovi parchi eolici. Un emendamento presentato dai nostri consiglieri regionali che evidentemente non si curano troppo delle invasività delle pale del vento, sorte in ogni anfratto della Calabria, zone archeologiche comprese, e della voglia della magistratura, che presto potrebbe riservarci delle novità, di vederci chiaro in una serie di procedimenti autorizzativi. Ma l’emendamento che ha fatto più discutere è quello che, in deroga a una chiarissima legge nazionale, abroga l’incompatibilità fra la carica di consigliere regionale e quella di sindaco, assessore comunale e presidente della Provincia. L’emendamento è stato presentato in commissione da Nicola Adamo e accolto entusiasticamente non solo da Peppe Bova, ma anche da Luigi Fedele. Qual è il senso politico di questa norma, ancora nessuno è riuscito a spiegarlo. I primi riflessi di questo provvedimento si sono già registrati a Cassano allo Jonio, in provincia di Cosenza, dove il sindaco e consigliere regionale dell’Udc, Gianluca Gallo, ha fatto mancare il numero legale del consiglio comunale che doveva decretare la sua incompatibilità, per prendere tempo e portare a casa la proroga approvata dai suoi colleghi alla Regione. Ma molti altri sono gli effetti che si potrebbero produrre in futuro, con molti consiglieri regionali (Adamo e Bova in primis?) pronti a correre per la poltrona di sindaco o di presidente della Provincia. Dicevamo che nessuno si è preso la briga di spiegare il senso politico di questa norma. Al massimo c’è stato chi ha detto che una legge simile esiste anche in Sardegna (che però è regione a statuto speciale) e Lombardia (ma solo per i piccoli comuni). In assenza di valide spiegazioni a noi sembra che questo emendamento (la cui legittimità costituzionale è tutta da verificare) sia utile solo a tenere ben saldo, attraverso la gestione degli enti locali, il pacchetto di voti necessari per l’ennesima riconferma a Palazzo Campanella. Al massimo, vedendo il promotore della norma, a tenere sulle spine i vecchi compagni di partito con l’obiettivo di spaccare il Pd e decretarne la fine. Fra l’altro proprio i due onorevoli sono stati già protagonisti di un’altra proroga, anche questa utile ad auto-perpetuarsi. Ricordate tutto il bailamme sorto sulla candidatura di Loiero. I più feroci oppositori della ricandidatura del governatore erano proprio Adamo e Bova. Avanzarono alcune critiche che fecero impallidire persino gli avversari del Pdl. Critiche che scomparvero magicamente, nella famosa riunione di Caposuvero, dalla quale si uscì con un Loiero ricandidato per acclamazione e Adamo e Bova che incassarono una deroga allo statuto del Pd che prevedeva il limite dei due mandati. Non sappiamo per il futuro quali altre proroghe hanno in mente i nostri consiglieri regionali, magari quella che introduce la figura del consigliere regionale a vita sull’esempio del Senato. Quel che è certo è che se i vecchi marpioni della politica continuano a occupare tutte le caselle politiche difficilmente può nascere quella nuova classe dirigente che tutti, a parole, dicono necessaria per la nuova Calabria.
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