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di LUIGI NIGER
Quando vedo i giovani, tanti giovani, manifestare continuo a emozionarmi, per loro e per me. Per loro, perché seri, determinati e consapevoli chiedono di essere ascoltati e, quindi, di confrontarsi su problemi che riguardano la loro vita, cioè il loro presente sempre più povero, insensato e sfuggente e il loro futuro sempre più inesistente e oscuro, quasi un sogno appartenente ad altri tempi. Per me (per oltre trent’anni ho vissuto le loro storie), in quanto provo nostalgia e tenerezza, solidarietà e tristezza. Non toccate violentemente i giovani, non ammazzateli nella psiche e nel corpo, mostrando indifferenza, irrisione, disprezzo: restate a casa a studiare, andate a lavorare. Oggi sembra che la storia si ripeta, sempre più tragica e farsesca. Ma solo in parte è così, perché la storia, spesso, dimentica le storie, le tante storie anonime individuali che vivono ai margini, dimenticate e, poi, perché molte cose sono cambiate nella testa degli uomini e nell’organizzazione socioeconomica e tecnologica. I criteri interpretativi di ieri, probabilmente, non sono più validi per interpretare e capire l’oggi. Eppure i termini del conflitto tra giovani e potere appaiono chiari e precisi. Da una parte i giovani con un scuola che fa pena, con un’università dequalificata e deprivata, con un mercato del lavoro che non solo non accoglie chi con competenza vuole entrare, ma espelle chi sta dentro, con una disoccupazione dilagante (dati Ocse, solo uno su cinque lavora), con la precarizzazione dei pochi che lavorano. I giovani questo lo sanno, ne sono consapevoli, si sentono “le anime morte della crisi”. Da qui rabbia, rancore, disperazione, impotenza! Che fare? Con chi parlare? Con chi confrontarsi? Soli, muti, frustrati, senza uno straccio di progetto. Non potrebbero albergare in questo contesto alcune ragioni della violenza, che affondano le radici in un profondo disagio sociale? Poniamoci la domanda o le domande: in questa situazione esistono altre strade oltre la violenza? Le abbiamo o le stiamo individuando per dare un senso, un orizzonte, una speranza a questi ragazzi? Basta a tante anime belle spostare l’analisi solo sugli episodi di violenza, magari, dimenticando che sono state provocate ad arte per continuare a legittimare la violenza di un potere corrotto e imbelle, che sa dare solo risposte arroganti e repressive? E la democrazia, e la Costituzione, e il dialogo? Dall’altra parte vi è questa classe dirigente e governativa, ottusa e indifferente e insultante, che non vede, non ascolta, non capisce e si scaglia contro quattro stupidi scalmanati esaltati nello scontro non si sa da chi e non si sa come. Ministri che invocano la repressione, che riducono tutto a una questione di ordine pubblico (da Maroni a Sacconi, per non parlare del satanico e nostalgico La Russa e della santa Maria Goretti della pubblica distruzione), che glorificano carabinieri e poliziotti affinché rispondano con più manganellate e calci verso i ragazzi che manifestano e fanno domande. Come se noi pagassimo gli uomini delle forze dell’ordine per essere manipolati e disposti all’odio e alla crudeltà verso noi stessi. Questi stessi giovani che fanno un mestiere mortificante, in senso economico e professionale, per poter sbarcare il lunario. Rabbia contro rabbia, frustrazione contro frustrazione, fomentate dal gioco criminale del potere, sempre più nero e menzognero. Se è vero che stiamo attraversando una delle crisi peggiori del dopo guerra, è altrettanto vero che ci troviamo con la classe dirigente peggiore del dopo guerra; una classe dirigente corrotta, incapace, volgare, abitata per lo più da indagati, da riciclati e da donnine di dubbia fama. Una classe dirigente benedetta da una gerarchia cattolica silenziosa o complice. E questa, purtroppo, non è una novità nella storia del declino e del degrado dell’Italia. Sono certo che, nonostante questa realtà amara e disperata, i giovani sapranno trovare, continuando a lottare, le vie per farsi ascoltare e, magari, cambiare decisioni scellerate e autoritaristiche. Ai giovani, illuminati dalla cultura, dalla democrazia, dalla costituzione, non mancano intelligenza, creatività e generosità. Auguri, cari giovani.
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