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Due imprenditori hanno trovato il coraggio di denunciare alla polizia i tentativi di estorsione subiti consentendo agli investigatori di impedire alla cosca Piromalli di Gioia Tauro, nel Reggino, di dare vita ad una nuova rete estorsiva per consolidare il controllo del territorio e, anche attraverso questa tipologia di reato, ad ottenere consenso sociale.
L’indagine della squadra mobile della questura reggina, diretta da Renato Cortese, e del Commissariato gioiese, diretto da Francesco Rattà, ha permesso alla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, che ha coordinato l’indagine iniziata nell’aprile di quest’anno, di ottenere dal giudice delle indagini premilimari sette provvedimenti restrittivi che sono stati eseguiti nelle prime ore di questa mattina dalla stessa polizia nel corso di una operazione.
Le persone finite in carcere sono Girolamo Piromalli, 30 anni, ritenuto vertice dell’omonima organizzazione mafiosa ed alcuni suoi complici: si tratta di Santo La Rosa (43 anni), Cosimo Romagnosi (27), Vincenzo Plateroti (41) ed il figlio Salvatore (20), Domenico Gulloni (23) e Vincenzo Bonavota (40).
I sette, in concorso tra loro, secondo gli inquirenti sono ritenuti responsabili di aver compiuto «atti idonei diretti in modo equivoco a costringere due imprenditori della Piana di Gioia Tauro, con implicite e reiterate minacce, consistite, tra l’altro, nell’avvalersi delle forza fisica derivante dalla vicinanza alla cosca Piromalli di alcuni di loro, a versare una somma di danaro corrispondente a trentamila euro e, quindi, procurarsi un ingiusto profitto con pari danno per le persone offese». Queste ultime sono un imprenditore che opera nel settore della vendita di autovetture, con autosaloni in diversi centri della provincia reggina, e un altro operatore commerciale impegnato nel settore dei supermercati.
La polizia, da tempo, teneva sotto osservazione Piromalli e parte del suo entourage: una condotta la loro che ha insospettivo gli investigatori che hanno poi ottenuto la collaborazione delle vittime. L’inserimento di microspie e di telecamere ha poi consentito di registrare la condotta della gang i cui componenti sono anche accusati di aver inteso agevolare la consorteria Piromalli,soprattutto nella sua articolazione territoriale.
L’apparato di registrazione installato dalla polizia ha permesso di «immortalare gli arrestati mentre si recavano presso la sede delle imprese».
Inoltre, «attraverso servizi di intercettazione telefonica ed ambientale è stata comprovata la richiesta di pagamento, a titolo estorsivo, di una somma di danaro pari a trentamila euro». Il soggetto di maggiore interesse investigativo è Girolamo Piromalli, già fermato nell’operazione «Cent’anni di Storia», poi uscito dall’indagine per carenza di elementi indiziari. Il giovane è cugino di Giuseppe Piromalli, 64 anni, detto «facciazza», che la polizia ritiene capo dell’omonima cosca.
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