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Cento miliardi per un nuovo Piano per il Mezzogiorno. Una nuova Banca per il Sud. Tanti annunci e ancor di più, tante promesse. Ma sarà vero che il rilancio del Sud dipende solo da finanziamenti, agevolazioni e fiscalità di vantaggio? Oppure ci sono altri fattori che vanno considerati in questo storico dualismo tra Nord e Sud del Paese?
All’indomani della presentazione del Piano per il Mezzogiorno e dell’avvio della Banca per il Sud, rivolgiamo queste domande a Giovanni Tricchinelli (in foto), Vicepresidente del Banco di Napoli e del Mediocredito Italiano (BancaIntesa), da sempre impegnato negli Istituti Bancari che operano nel Mezzogiorno.
Domanda: Cos’è questo Piano per il Sud, dottor Tricchinelli. E’ un impegno credibile, oppure, come ha detto qualcuno, l’ennesimo spot del Governo sulla politica del Mezzogiorno?
Risposta: A dire il vero, di spot per il nostro Sud ne hanno fatti un po’ tutti i Governi. Se negli ultimi cinquant’anni di storia italiana, tutte le risorse assegnate al Mezzogiorno si fossero trasformate in sviluppo, progresso e posti di lavoro, non staremmo qui a parlare di dualismo, arretratezza del Sud e piani più o meno salvifici per il nostro Meridione.
D: Anche Lei è un po’ scettico su questa politica degli annunci?
R: Diciamo che il mio è sano realismo. Ricordo i piani quinquennali della Cassa per il Mezzogiorno, gli impegni solenni presi da tutti i partiti politici per la Basilicata, la Puglia, la Calabria. E invece, stando alle ultime statistiche, l’emigrazione verso il Centro-Nord è ripresa alla grande e la Basilicata, la mia Regione, rischia di rimanere per sempre nell’obbiettivo Uno, cioè in quel segmento che raggruppa solo le aree sottosviluppate.
D: Non basta però solo la politica a risollevare le sorti del Mezzogiorno
R: La politica può fare molto, ma non può risolvere tutto. Vorrei citare una battuta di Giustino Fortunato che Montanelli riporta in un suo libro di memorie. Esiste una questione meridionale? – gli chiese Montanelli; e Fortunato rispose che più che la Questione Meridionale, esiste la Questione dei meridionali. Prendiamo atto, una volta per tutte, che i problemi del Mezzogiorno, dalla spazzatura, alla criminalità organizzata, dallo sviluppo dei territori, alla cultura della legalità, dipende anche da noi. Il meridionalismo piagnone non ha combinato niente; il meridionalismo serio e responsabile, invece, sta dando i primi frutti proprio sul fronte del senso civico e del contrasto alle mafie che ci opprimono.
D: La Banca per il Sud e il Piano da 100 miliardi che effetti potrebbero avere per sollevare il Mezzogiorno?
R: Non bisogna ripetere gli errori del passato, altrimenti ha ragione chi grida allo Spot e alle promesse da marinaio. Per spendere questi soldi, non si dovrà costituire l’ennesimo carrozzone, altrimenti siamo da capo a dodici. E niente credito facile, magari condizionato dalla politica locale o nazionale. Se il Banco di Napoli o altre Banche che operano nel Meridione attuano una politica selettiva e rigorosa negli impieghi, la Banca del Sud non potrà stravolgere i criteri che ispirano una sana concorrenza e una oculata politica del credito. La realtà del Mezzogiorno è molto difficile, piena di insidie e di trappole, per la presenza di una società criminale che vuole mettere il becco su tutto.
D: In concreto, come dovrebbe operare la Banca per il Sud?
R: Dovrebbe puntare sui giovani, sui loro progetti innovativi, sui territori di eccellenza che esistono nelle regioni meridionali. Le statistiche ci dicono che dove c’è produttività, ricchezza, nuova occupazione, lì si forma una classe dirigente in grado di contrastare la mafia e la camorra. L’educazione alla legalità parte da queste basi, oltreché dalla famiglia e dalla scuola. La povertà e la miseria non fanno altro che alimentare l’economia criminale; e lì non c’è Piano o Banca del sud che possa invertire la rotta.
D: I 100 miliardi per il Sud, ammesso che non siano tutti sulla carta, come dovrebbero essere spesi?
R: Tanto per cominciare dovrebbero essere aggiuntivi e non sostitutivi dell’intervento ordinario. Per essere più precisi, questi fondi non dovrebbero riguardare la ricerca e l’innovazione. Queste voci dovrebbero avere risorse proprie, altrimenti togliamo alla mano destra quello che diamo alla sinistra. Il Mezzogiorno non ha bisogno di effetti speciali e nemmeno di finanza creativa che potrebbe fare solo danni all’economia del Sud. E’ il momento di pensare alle grandi infrastrutture, al ruolo del Mezzogiorno come base logistica per tutto il Mediterraneo. La realtà del porto di Gioia Tauro sta lì a dimostrare che anche noi meridionali sappiamo pensare in grande e raggiungere ottimi risultati.
D: Il Governo punta molto sulla Banca per il Sud. Qual è l’atteggiamento delle Banche che già operano nel Mezzogiorno?
R: Ben venga un’altra Banca nel Sud. Attenzione, però! A noi occorrono capitali di rischio e non di debito. Per creare sviluppo e nuova occupazione e quindi per avviare un’attività imprenditoriale ci vogliono investitori credibili e capitali di rischio. Il credito deve essere selettivo e puntare alla creazione di valore aggiunto. La Banca del Sud, vorrei far notare, è una Banca di secondo livello, che opererà attraverso la rete delle Poste e delle filiali del Credito cooperativo. Una Banca dei territori, sul modello delle Casse di risparmio e delle Casse popolari, che si sono rivelate, nella tempesta monetaria tuttora in atto, strutture solide e affidabili. Se la Banca per il Sud conserverà questo profilo, allora tutti ne avranno un beneficio: le imprese, le famiglie e tutte quelle realtà impegnate nella crescita e modernizzazione del nostro Mezzogiorno.
M.R.
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