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di Mauro Armando Tita
Se il futuro , come sosteneva Benedetto CROCE , è lo specchio del presente non possiamo che essere parzialmente e moderatamente soddisfatti.
Tutti ci additano come esempio da imitare in uno scenario meridionale incupito da crisi e da disoccupazioni strutturali.
Il modello lucano vince in ogni dove. Anche i coreani del sud vogliono investire sul nostro eno-gastronomico.
La riscoperta della Basilicata da parte degli Inglesi, dal Financial Times al Guardian , ci gonfia di orgoglio.
“La Bellezza della Basilicata è stata troppo a lungo il segreto degli Italiani” .
E’ una bella frase riportata dall’Indipendent , altra prestigiosa testata giornalistica inglese, … nel lontano 2003.
Oggi il Sole 24 Ore con un po’ di ambiguità e qualche seria contraddizione , prima ci bacchetta… facendo scivolare agli ultimi posti le nostre due città capoluogo e poi ci consacra come l’Emilia Romagna del Sud.
Un po’ di sano pragmatismo ci riporta al nostro realismo quotidiano.
Ai nostri cahiers des doleances, mai sopiti, mai risolti .
In primis le POVERTA’ denunciate dalla Caritas in questi giorni.
Aumentano a dismisura le famiglie che chiedono sussidi e alimenti di prima necessità.
I problemi da affrontare sono tanti , si addensano nubi sempre più cupe alla Fiat/SATA , sono migliaia i lavororatori interessati a casse integrazioni ormai prossime alla scadenza decembrina e primaverile.
Non vogliamo augurarci presidi, scioperi e turbolenze di altri lavoratori licenziati
Il Convegno Nazionale dei giovani imprenditori tenuto a Capri qualche tempo addietro ci ha fornito uno spaccato lucano, poco promettente.
La presenza rilevante dei soliti “imprenditori edili” ci ha fatto capire che la maggioranza degli stessi è annidata in questo “tradizionale” settore.
Un settore che ha creato occupazione senza mettere in moto un buon “effetto moltiplicatore”, senza aver fatto crescere una moderna classe imprenditoriale.
Oggi con la crisi dell’edilizia e la perdita di migliaia di posti nel settore tutto viene ulteriormente ridimensionato, nonostante, i buoni successi del PD e del suo modello lucano.
Un modello ancora improntato al successo delle nostre PMI. Un modello tipico della DC degli anni novanta.
Tutto ciò non ci soddisfa.
Siamo ancora alla ricerca ,dopo quarant’anni di ambiguo sviluppo industriale, di un vero e concreto modello, tutto lucano, tutto improntato alla vera e duratura occupazione.
I nuovi e lunghi elenchi della rivisitata 488 ci riportano sempre gli stessi “noti e nodi di sempre”.
Un’imprenditoria che non ha mai puntato sulla ricerca.
Un ‘imprenditoria “garantita” è sempre dietro l’angolo, nonostante, gli impegni dei politici ,vocati al bene comune e alla presenza fattiva sul territorio .
Le nostre denunce ,un po’ carota e un po’ bastone , sempre improntate alla proposta hanno messo in rilievo fumose ricette e un familismo, troppo accentuato.
Noi lucani siamo miti, riservati e tanto “esterofili”, siamo molto bravi a fare analisi lucidissime, a scoprire tante storture ed eccessi quotidiani, ma, continuiamo ad essere tanto carenti in “fatti produttivi”.
Le diecimila unità che ci hanno lasciato in questi ultimi due anni sono il frutto dei mancati risultati del Petrolio, dell’Acqua, dell’Ambiente, della Green Economy , del Gas, della Scuola, dell’ambiguo sviluppo industriale e del Terziario privato, ormai ,definitivamente, in coma.
L’esempio più eclatante in questo senso è dato dai nuovi Poli del Petrolio caratterizzati da:
– sudditanza psicologica e materiale ;
– mancate joint ventures;
– deserto imprenditoriale lucano.
Il Presidente della Confindustria lucana Carrano deve meditare su tutto ciò.
La mancanza di adeguate infrastrutture e un valido contesto di riferimento, hanno fornito nel passato gli alibi agli industriali del Nord , lautamente finanziati dalle legge 219, al mancato reinvestimento delle produzioni dopo le grandi “abbuffate” post sisma.( Toccata e fuga- Prendi il malloppo e scappa…)
…Se la Confindustria lucana fosse intervenuta adeguatamente e avesse avuto, almeno, un pò di coraggio in più , non ci sarebbe stato questo disastro e non avremmo avuto tante aree, ignobilmente dismesse.
Fatta questa debita premessa ci accorgiamo sempre più che l’industrializzazione e i tanti fatti produttivi, non ultima la questione energetica, in Basilicata, non si è mai tramutata in qualcosa di veramente lucano.
I giovani imprenditori lucani, figli del familismo più bieco , impegnati in comparti tradizionali e presenti al Convegno di Capri, ne sono la disarmante conferma.
La prova provata di tutto ciò è l’assoluta mancanza di imprese lucane nell’indotto FIAT SATA di Melfi e nei siti petroliferi.
In queste condizioni l’industria del Nord e la Fondazioni Mattei che si insediano in Basilicata avranno vita facile .
Forse avremo qualche spot pubblicitario(vedi Fonti minerali del Vulture, Amaro Lucano) in più ,ma, la sensazione è sempre la stessa (identica a quaranta anni fa): ” L’industria del Nord , caro Carrano, gode di due importanti tasselli:
-il primo è dato dalla consapevolezza che la stessa si è insediata in una isola felice , senza vincoli di sorta;
-il secondo è dato dal forte potere contrattuale derivato dall’ambìto”posto di lavoro”.
Con questi presupposti è difficile sperare in uno sviluppo autopropulsivo e in un modello lucano da esportare.
E’ difficile immaginare uno sviluppo lucano senza salvaguardare la nostra dignità, le nostre identità, e i nostri SAPERI.
Non si possono tollerare 150 assunzioni nei siti ENI della Val d’Agri , fuori dall’ambito regionale.
Abbiamo Tecnici e professionalità pronti a subentrare alle tante maestranze specializzate del Nord.
Le nostre Facoltà di Ingegneria scoppiano di Laureati.
Con la crisi dell’Università lucana è difficile immaginare un ruolo da protagonista della stessa nello scenario dello sviluppo industriale lucano.
E’ difficile in questo deserto imprenditoriale ipotizzare quel modello lucano, tanto ammirato e tanto decantato dal “Sole 24 ore”.
E’ difficile ,oggi più di prima, ipotizzare un modello progettuale che trovi la forte motivazione nelle problematiche, legate all’occupazione.
Ieri con il massimo coinvolgimento delle strutture produttive e ,soprattutto, nella conferma di una attenzione particolare rivolta dalla programmazione regionale alle imprese minori, si sono potuti approntare efficaci strumenti di sostegno economico con risultati davvero sconvolgenti.
Oggi ,forse, è del tutto scemata l’attenzione della Regione verso l’impresa minore.
Non vi sono più strumenti validati e riconosciuti sul campo che producono la vera occupazione.
Siamo nel pianeta dell’occupabilità ( con disarmanti ripercussioni) e i risultati sono desolanti, sconfortanti e scoraggianti.
Per un corso di F.P. di secondo livello rivolto a 15 figure specialistiche, non finalizzato e senza alcuna prospettiva di natura professionale, qualche tempo fa si sono presentati 118 laureati in Ingegneria.
E’ un dato che non ha bisogno di commenti…è un dato che dovrebbe far riflettere, anche, il Sole 24 Ore.
…Cara Sara Bianchi , giornalista economica del Sole , a noi , vecchi tromboni, piace la riscoperta della Basilicata e del tanto decantato modello lucano , al contrario ai nostri giovani talenti non piace nè l’esodo e nè l’odiata valigia ,sempre pronta per l’uso.
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