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di OSVALDO PIERONI e ALBERTO ZIPARO
Il bluff del “Piano per il Sud” fatto di risorse già spese, o altrove impegnate, oppure inesistenti è l’ultima, offensiva, beffa che il Governo opera ai danni del Sud, della Calabria e della Sicilia. Tra i fatti gravi degli ultimi mesi – autentici disastri per le nostre regioni, particolarmente colpite di recente – ci sono i tagli per la difesa del suolo (490 milioni di euro già programmati e finalizzati in Calabria e 330 in Sicilia, bloccati e destinati ad altri capitali) nonché l’autentico depauperamento del settore infrastrutture e trasporti, goffamente coperti dall’agitarsi della – purtroppo costosissima – figurina del Ponte sullo Stretto. Tutto ciò raggiungerà il parossismo il prossimo 12 dicembre, allorché – con il nuovo orario ferroviario – si taglieranno tutti gli intercity da Reggio, quasi tutti i treni a lunga percorrenza, la metropolitana Melito-Reggio-Gioia, più della metà dei treni regionali siciliani e calabresi. Cui si aggiunge, la sostanziale chiusura dell’aeroporto di Reggio nei weekend, cui fa da contraltare il contemporaneo semiazzeramento dei trasporti sullo Stretto. La crisi di Governo esaspera le contraddizioni di tale situazione – e quindi i disagi dei cittadini – indebolendo ulteriormente un sistema decisionale già succube di grandi interessi, monopolistici e speculativi, evidentemente estranei alle domande di abitare, e di mobilità e in generale di vivere civile che viene espressa dalle nostre parti. Per quanto riguarda la difesa del suolo è certo positivo che le due regioni, Calabria e Sicilia, cerchino di recuperare dall’esecutivo nazionale una parte delle risorse sottratte con la distrazione di fondi già programmati e la mancata rifinalizzazione dei Fas. Tuttavia non si capisce perché la Regione Calabria tardi ad approvare definitivamente lo strumento principe di coordinamento e indirizzo delle strategie e dei progetti di tutela dell’ambiente – compresi dettagli e aggiornamenti del Pai -, cioè il Quadro territoriale regionale paesaggistico, già approvato dalla vecchia amministrazione, e poi bloccato, prima dell’approvazione definitiva, da quella attuale. Nelle condizioni odierne del territorio calabrese il Piano territoriale e paesaggistico regionale è necessità urgentissima: ormai ogni temporale di una qualche intensità diventa una tragedia. Se abbiamo gli strumenti e non li rendiamo operativi, dopo è inutile che ci stracciamo le vesti. Per quanto riguarda trasporti e infrastrutture va salutato che in questi giorni in tanti, cittadini, sindacati, partiti, esponenti politici, associazioni, comitati, stiano protestando contro i tagli. Ed è possibile – anche se non probabile – che gli effetti di qualche cancellazione vengano annullati o mitigati. Tuttavia è bene denunciare anche l’inaccettabile assurdità per cui, a fronte della “macelleria sociale” fatta di gravissime riduzioni alle strutture e ai servizi della difesa del suolo, ai collegamenti e alle infrastrutture fondamentali, a settori essenziali come sanità, scuola, università, che si aggiungono ai drammatici ulteriori problemi di lavoro e reddito, calabresi e siciliani debbano assistere alla perpetuazione dell’imbroglio del Ponte, “inutile, dannoso e, tra l’altro, infattibile”. Molti osservatori ed esperti di programmazione dei trasporti avevano detto da tempo che il rilancio del “Programma-Ponte” (oltre 400 milioni di euro spesi in quarant’anni, senza arrivare nemmeno a un progetto fattibile, a parte i pesantissimi impatti) era in sostanza una “figurina”, destinata a coprire le scelte reali; fatte dai citati tagli a territorio e trasporti. Non a caso tale fase fu inaugurata dalle decisioni del Governo Berlusconi dell’ottobre 2008, in cui si sottraevano a Calabria e Sicilia 1,3 miliardi di euro di fondi veri, già mirati alle infrastrutture urgenti e alle attrezzature territoriali, e sostituite con 1,3 miliardi di fondi finti per il Ponte: tutte le delibere Cipe destinavano infatti risorse di competenza, non di cassa, “legate alle verifiche di compatibilità di bilancio”. Finché di recente Tremonti stesso ha chiarito che “i flussi finanziari destinati alla realizzazione del Ponte potranno avviarsi dopo il primo gennaio 2013” ma ancora una volta “fatte salve le compatibilità di bilancio”. Nonostante questo, la partita-Ponte è passata dalla propaganda celebrativa, fatta di annunci mediatici, alla propaganda concreta, fatta di indagini geognostiche, vistose, invasive e ingombranti, ma inutili e discutibili nell’attuale fase di progettazione non esecutiva, e dell’attività “propedeutica” – annunciata nel dicembre 2009 e avviata nell’ottobre 2010 – per lo spostamento del binario di Cannitello (non si sa per cosa, visto che ancora non c’è progetto definitivo). Nonostante i blocchi finanziari del Tesoro, si raschia il barile e si accendono prestiti, sostanzialmente per un programma destinato a interrompersi, ma che intanto è utile a trasferire risorse pubbliche al General Contractor: che in realtà – al di là della denominazione del Consorzio – è l’eterna Impregilo, che sta già imperversando da lustri sugli infiniti cantieri dell’autostrada. E che è scoperta verso le banche di alcuni miliardi di euro, dovuti alla fallimentare gestione dell’inceneritore di Acerra: quello che avrebbe dovuto risolvere il problema dei rifiuti a Napoli, con i risultati sotto gli occhi di tutti. Impregilo aveva, in quel caso, dato in garanzia alle banche i milioni di ecoballe accatastati nell’Acerrano e dintorni e che sarebbero stati pagati dallo Stato all’incenerimento. Ma non si possono più bruciare, perché fuorilegge in quanto troppo inquinanti. Per sovrammercato si annuncia per fine anno il progetto definitivo del ponte, (con ulteriore fattura di decine di milioni di euro) anche se non esecutivo. Ma le notizie che trapelano dal Ministero fanno pensare all’ennesimo bluff: sono stati infatti allontanati i progettisti e consulenti che conoscevano realmente la questione, avendola studiata per anni (v. Calzona). Raccomandavano, infatti prudenza con molte ulteriori verifiche, e soprattutto di cambiare la configurazione del manufatto, essendo quella presente non realizzabile per problemi sismici, ambientali, di costruibilità. Invece si sta disegnando un elaborato “definitivo” costituito da un semplice “approfondimento” del preliminare, con tutte le contraddizioni tecniche irrisolte e i nodi critici già rilevati dagli stessi consulenti del progetto. Un progetto per l’esecuzione? Macché. Una nuova figurina utile alla prossima campagna elettorale e anche a continuare a trasferire fondi pubblici, già sottratti alla Calabria e alla Sicilia, alla “più grande impresa di costruzioni del Paese”. Dobbiamo pagare noi gli errori di Napoli, o no? Se ne discuterà oggi alle 17.30 in un’assemblea al centro Baden Powell a Villa San Giovanni, vicino all’imbarco dei traghetti privati.

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