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di NINO GRASSO*Il presidente della Regione, Vito De Filippo, ne è convinto. E lo va ripetendo spesso. Specie se l’uditorio, come è recentemente accaduto nell’ultima settimana, prima a Paestum (in un dibattito su politica e giustizia con Rosario Priore) e poi a Potenza (in occasione dell’incontro con Giuliano Amato ed Emilio Colombo sugli ultimi 150 anni di vita unitaria), è di quelli particolarmente autorevoli.
La Basilicata – secondo il governatore lucano – oggi deve guardarsi da quanti, in un impeto di semplificazione demagogica, si sono iscritti a due scuole di pensiero, entrambe pericolose per il loro manicheismo ideologico: quella degli “sciamani”, da un lato, e degli “apocalittici”, dall’altro.
Per i primi, una sorta di “stregoni” del terzo millennio, i problemi che quotidianamente assillano le nostre comunità si possono risolvere “facilmente”, se solo si adottassero ricette “miracolose”, di stampo “rivoluzionario”. E comunque culturalmente posizionate in un “altrove” geografico che si trova al di fuori della nostra terra.
Poi ci sono gli “apocalittici”. Quelli che pensano che non vi sia più nulla da fare per “redimere” il Mezzogiorno, condannato da 150 di disunità ad un inesorabile declino. Secondo questa scuola di pensiero, particolarmente radicata negli ambienti leghisti della Padania, il Sud essendo una sorta di malato “irrecuperabile” non può che essere abbandonato al proprio destino. Possibilmente senza sprecare nuove risorse economiche in uno sforzo, ritenuto improbo, di “salvezza”.
Tra gli uni e gli altri, tra chi pecca dell’arroganza intellettuale degli “sciamani” o del nichilismo geografico degli “apocalittici”, nel malcelato tentativo, condiviso sia dagli uni che dagli altri, di screditare la classe dirigente meridionale in carica, il rischio che si corre è quello di rimanere stritolati in un vuoto rituale, che è proprio di un Paese sempre più “poli-anarchico”. Un Paese cioè – per dirla con De Filippo – dove ognuno pensa ai fatti propri.
Che fare? Il Presidente della Regione Basilicata, anche qui, non ha dubbi. Il Sud – ha spiegato recentemente il governatore lucano prima a Paestum e poi a Potenza – ha bisogno di virtù antieroiche come la pazienza e l’indulgenza. Serve cioè il buon senso di una classe dirigente che con sobrietà, umiltà e disponibilità affronti i problemi quotidiani con la forza, questa sì “eroica”, dell’impegno costante. Spesso oscuro. Improntato al rispetto di regole semplici, ma fondamentali, in una pubblica amministrazione votata al bene comune.
Qualcuno (sulla stampa) ha recentemente commentato con ironia il rigore della puntualità che scandisce i ritmi dell’agenda istituzionale di Vito De Filippo. In un Paese dove il rispetto degli orari sembra essere un optional per gran parte della classe dirigente, fa sicuramente notizia un Presidente di Regione che non si presenta agli appuntamenti con la classica mezz’ora di ritardo.
Lunedì scorso, per esempio, l’appuntamento con le parti sociali era stato fissato per le 8,30 in Sala Verrastro, nel palazzo della giunta a Potenza. E alle 8,25 Vito De Filippo era già in ufficio pronto a cominciare una riunione, alla quale molti degli invitati sono giunti, purtroppo, con il “puntuale” ritardo di sempre.
Certo, per mutuare la metafora del governatore lucano, ci vuole “pazienza” e “indulgenza”. Con la speranza però, verrebbe da aggiungere, che alla lunga anche la “buona educazione”, che si misura proprio con il rispetto degli altri quanto è stato fissato un appuntamento condiviso, finisca per diventare una “buona pratica” in questa Basilicata del terzo millennio.

*Portavoce Presidente Regione

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