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“Vieni via con me” non è una trasmissione qualsiasi. E’ un termometro del Paese sugli umori dei cittadini rispetto al berlusconismo entrato in crisi per molteplici motivi. Gli oltre nove milioni di ascolti e l’altissima percentuale di share che fanno trionfare questo format culturale in prima e seconda serata tornano a segnare un punto significativo a vantaggio di una tv di qualità che mette nell’angolo la celebrità virtuale del “Grande fratello”. La seconda puntata conferma questa visione del mondo. Ma per la nostra realtà c’è un’ulteriore verifica che interessa i lucani che guardano la televisione. Anche questa settimana la Basilicata rispetto alla trasmissione di Fazio e Saviano raggiunge lo share più basso dell’intera Penisola. Il nostro bravo analista Maurizio Gianotti con la sua competenza azzarda una risposta e fornisce una spiegazione sul fatto che la Basilicata con poche città e un basso indice di popolazione non è attratto da un programma molto metropolitano (212089Leggi l’articolo…). Circostanza eventualmente da sottoporre a ulteriori verifiche. Ho sempre pensato che la Basilicata producesse anticorpi al consenso antiberlusconiano per una sua posizione culturale lontana dalla società dello spettacolo. L’assenza di televisioni private significative, poco edonismo, e il senso pratico del contatto umano mi sembravano la chiave per comprendere gli insuccessi politici di sua Emittenza in terra di Lucania. Evidentemente le risposte sono molto più complesse. Forse la Basilicata culturalmente è collocata su una terza via tutta da decodificare. Di certo i dati dicono che la grande emergenza della criminalità organizzata lascia indifferente la maggior parte della popolazione e riguarda solo una minoranza organizzata che potrà rifletterci in occasione del raduno nazionale di Libera organizzato a Potenza per il giorno di primavera del prossimo anno. Evidentemente questo programma necessario come l’aria, secondo la definizione del direttore di Rai Tre Paolo Ruffini, non è così necessario alla Basilicata che cerca altra aria e altri racconti. Noi che ci scervelliamo da mesi sul presente e sul futuro dei nostri giovani dobbiamo constatare che questo target lucano è molto differente dai tantissimi trentenni italiani che hanno premiato Fazio e Saviano. Tornano maestre le analisi del professore Larotonda, intellettuale autentico, che ascoltando delle risposte dei suoi studenti ha lanciato un monito in verità da pochi raccolto nella sua drammaticità. I giovani cervelli sono pochi. Dobbiamo fronteggiare una dilagante ignoranza di massa. In Basilicata c’è bisogno di una formazione culturale autentica rivolta alle giovani generazioni. Gl’indici di lettura di giornali e libri sono bassissimi nell’età adulta. Arretrano paurosamente quando si va a verificare quelli della popolazione giovanile. Anche la politica locale dovrebbe ragionare meglio su questi dati. Le regioni rosse del centronord hanno premiato con numeri stratosferici la trasmissione. Tra i motivi di traino televisivo il dato è stato potenziato dagli interventi di Gianfranco Fini e Pierluigi Bersani che si sono esibiti sugli elenchi dei valori di destra e sinistra in una chiara opposizione al berlusconismo al potere. Nella regione dove il Partito Democratico nell’urna conquista percentuali bulgare l’intervento del segretario nazionale e potenziale candidato premier non ha avuto quasi nessuna valenza. Questo forse significa che Bersani è una sorta di Re travicello per gli elettori lucani? Forse sì. Che l’alto consenso democratico è frutto di bisogno e di assenza di alternativa? Forse sì. Emerge un Partito democratico lucano privo di forti valori identitari? Probabilmente sì. Dalla mappa sociologica televisiva emerge un partito di professionisti della politica in larga ripiegato sulla gestione del potere e poco interessato alla formazione di un’opinione pubblica. Un campanello d’allarme per il giovane segretario regionale. Speranza, tanto attento al diritto allo studio, dovrebbe meglio interrogarsi su questo punto. La forte rendita elettorale non sarà eterna. Nelle città lucane già si avvertono destri scricchiolii. Lavorare per ottenere un sottosegretario nel futuro governo della sinistra significa porsi l’obiettivo del piccolo cabotaggio. Far condividere i valori espressi da Bersani lunedì sera può essere utile al complesso presente dei giorni nostri. Per cambiare prospettiva serve un concetto vetusto ma che potrebbe essere l’atout adeguato: il lavoro culturale. Spero di non apparire pedante come alcuni protagonisti dell’omonimo straordinario primo romanzo di Luciano Bianciardi che con ironia ritrasse l’Italia provinciale negli anni Cinquanta. Ma constatiamo che per ridere delle battute di Paolo Rossi e Albanese la cultura è necessaria.
Paride Leporace
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