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Dal Piemonte al Veneto, dalla Liguria all’Emilia Romagna e anche la Toscana; la ‘Ndrangheta ha ramificazioni in molte delle regioni settentrionali dove le cosche godono di una certa autonomia anche se, per le decisioni strategiche dipendono sempre dalla “casa madre” calabrese. Questo il quadro che emerge dalla relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia consegnata al Parlamento. Le cosche si sono infiltrate nelle regioni più produttive del paese, tra cui il Piemonte dove si registra, scrive la Dia, una «qualifica presenza di soggetti riconducibili alle ‘ndrine del vibonese, della locride, dell’area ionica e tirrenica della provincia di Reggio Calabria».
Cosche che «attraverso imprese controllate» hanno i loro interessi prevalentemente nel settore degli appalti pubblici dove, spesso, operano attraverso i subappalti. Un altro “settore primario” dei gruppi ‘ndranghetisti è rappresentato dal traffico di droga, per gli elevati profitti che consente. Tra le operazioni portate a termine nel primo semestre di quest’anno, la Dia ricorda il sequestro di beni a due fratelli residenti a Tortona, figli di un noto esponente della ‘Ndrangheta reggina ucciso nell’ambito della faida che negli anni ’70 contrappose i Facchineri ai Raso-Albanese-Gullace.
Nella regione Liguria «è tradizionalmente radicata – scrive la Dia – la presenza di note espansioni di ‘ndrine a Genova, nel ponente ligure e nella riviera di levante». Traffico di stupefacenti, estorsioni, usura, gioco d’azzardo, controllo dei locali notturni per lo sfruttamento della prostituzione «costituiscono i maggiori settori dell’arricchimento» per le cosche. E «non meno importante è la significativa presenza, attraverso capitali di incerta provenienza, nei campi dell’imprenditoria edile e dello smaltimento dei rifiuti».
Nel Veneto ancora, si registrano «segnali di interesse» della ‘Ndrangheta verso i settori dell’economia locale e vi è una “significativa incidenza percentuale delle segnalazioni per operazioni finanziarie sospette effettuate nella regione» tanto da indurre la Dia a svolgere controlli più persuasivi.
In Emilia Romagna, le cosche sono operative nelle province di Bologna, Modena, Reggio Emilia e Parma dove vi è una presenza “diretta” della cosca Grande Aracri e vi sono personaggi riconducibili alle ‘ndrine dei Barbaro, Strangio, Nirta e dei Bellocco. Sono inoltre in corso tentativi da parte delle varie famiglia di allargare il raggio d’azione anche nelle altre province della regione. La regione Toscana infine, è diventata «territorio di elezione di alcune qualificate propaggini della ‘Ndrangheta». E anche se attualmente i processi di radicamento nel tessuto socio, economico ed imprenditoriale della regione «non hanno svelato sostanziali soluzioni di continuità», indicano comunque “l’esigenza di una realistica presa d’atto sulla rinnovata pericolosità delle presenze di elementi riconducibili alle cosche mafiose calabresi».

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