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Un attacco senza mezze misure alla classe dirigente del Pd e l’allarme: «Secondo la Commissione europea la Basilicata rientra nell’Obiettivo uno. Sarebbe il primo caso in Europa». Il sindaco di Potenza, Vito Santarsiero ha perso le “staffe”. Le ultime vicende congressuali e le nomine alla Regioni proprio non riesce a “digerirle”. Che la “misura” fosse colma lo si era intuito dall’assenza all’appuntamento congressuale provinciale di venerdì presieduto da Dario Franceschini. Al nostro giornale Santarsiero spiega tutto quello che non va.
Sindaco, perchè non è andato al congresso di venerdì?
«Non era un’assenza, perchè l’assenza è di chi non fa parte di gruppo. Era una non presenza con la quale ho voluto segnalare con forza il rischio che sta correndo il Pd: non essere coerente con la propria idea di origine marginalizzando alcune componenti significative. Non si può nemmeno immaginare che intese tra parti del partito possano escludere altre parti dello stesso partito. In questo momento c’è una sofferenza di una parte del Pd, di quella che si riconosce nel cattolicesimo democratico che rifuggendo alle logiche della vecchia politica si ritrova con difficoltà in un partito che non riesce nel modo migliore a costruire i percorsi virtuosi».
Quale il primo pericolo di questo stato di cose secondo lei?
«Di continuare a perdere elettorato a partire dal nazionale. Questa involuzione di cui parlo è evidenziata dal dato nazionale: un partito fermo al 24 per cento significa che il Pd che difficilmente può pensare di essere la reale alternativa di governo».
E quindi?
«Bisogna recuperare la fiducia nell’elettorato attraverso un chiaro progetto politico e restituendo il vero protagonismo alla gente».
Ma come farlo?
«Innanzitutto dalla riforma della legge elettorale. Se poi questo non verrà consentito allora noi del Pd dobbiamo restituire attraverso le Primarie il diritto ai cittadini di scegliere da chi si vuol essere rappresentati a partire dalle prossime elezioni politiche. Questo deve essere il primo segnale chiaro. Perchè è evidente che se stiamo al 24 per cento c’è qualcosa che non va. Non possiamo poi ribaltare le cose e pensare che se la gente non si riconosce nel Pd la colpa non è dei dirigenti, ma dei cittadini stessi. Dobbiamo essere noi a cambiare e ammettere che stiamo sbagliando».
Intanto, al di là delle questioni generali e quindi anche nazionali lei, per usare un eufemismo “soffre” l’attuale situazione lucana. Secondo quanto è emerso nei giorni scorsi non le sarebbe piaciuto nemmeno tutta la questione delle nomine degli enti regionali….
«Io aspettavo e mi auguravo che ci fosse un cambiamento. Si è premiata invece molto di più la fedeltà e la stretta appartenenza ai vari gruppi che la qualità e la capacità di rappresentare in maniera ampia la nostra comunità».
Non sono state premiate le competenze?
«Salve alcune eccezioni sicuramente è così. Ma voglio aggiungere: il problema delle nomine secondo me non si traduce in termini di criteri quanto in termini di ruolo effettivo di questi enti. Nella maggior parte dei casi infatti, a mio modo di vedere, ci troviamo con enti che potrebbero tranquillamente essere soppressi affidando le attuali competenze all’attività ordinaria dei vari Dipartimenti regionali. Risparmiando così centinaia di migliaia di euro».
Non è che questa sua evidente amarezza deriva dal fatto che la Regione non le ha attribuito i fondi che ultimamente ha chiesto per le mense scolastiche?
«Non ha nulla a che vedere con quella storia. Il Comune di Potenza non ha bisogno dei fondi della Regione. Il Comune di Potenza chiede semplicemente un sostegno rispetto alle materie delegate. Perchè lo voglio dire con chiarezza: Potenza non è un Comune in crisi. E’ un Comune invece, che negli ultimi 6 anni ha risolto problemi storici della città: abbiamo aggredito questioni come l’edilizia e la pianificazione. Abbiamo aggrediti questioni infrastrutturali mai risolte in passato. Voglio ricordare che avevano costruito un’Università senza prevedere vie di accesso così come per Macchia Romana. Avevamo l’area più caotica della città, quella di via del Gallitello, con nessuna prospettiva. Avevano tante opere incompiute che sono state realizzaee e completate come il Ponte attrezzato e il parcheggio della Fondovalle. Abbiamo appaltato 200 milioni di euro in assoluta trasparenza con una tempistica eccezionale per molti altri posti d’Italia. Abbiamo risolto il problema storico del cimitero. Nel settore dell’energia abbiamo messo in atto procedure assolutamente innovative. Questa è una città quindi, che sta cambiando poderosamente. E sono azioni che, mi dispiace dirlo, sono state sviluppate nel silenzio e nella solitudine di un sindaco che non si è ritrovato sempre segretari politici al proprio sostegno a partire da quelli regionali».
Non può negare che ci siano problemi a Potenza però…
«Sì, ma non bisogna dimenticare i debiti ereditati. Posso solo dire che negli ultimi anni non ho fatto nemmeno un euro di debito fuori bilancio. E poi non tutti i problemi dipendono dal Comune. Vorrei ricordare a tal proposito la crisi che sta investendo l’ospedale San Carlo che è in caduta libera. Come ultimo esempio posso citare i tanti abbandoni di medici prestigiosi: tra cui l’ultimo quello del neurochirurgo Severino».
Un passo indietro alla politica e al Pd. Intanto al congresso venerdì, la parola unità è risuonata più volte nonostante la sua sedia sia rimasta vuota…
«Io ritengo che la mia casa sia il Pd. Non ho alcuna intenzione di lasciare il Partito democratico. Sono in questo partito per rafforzarlo e non per dividerlo. Sono fortemente convinto però, che le cose vadano cambiate. Non possiamo continuare a essere un partito che favorisce Berlusconi e nè un partito incapace di offrire progetti forti ai territori».
Queste cose però ha decise di non dirle alla platea del congresso provinciale durante il quale prima il segretario Molinari e poi De Filippo l’hanno citata nei loro interventi auspicando una rapida ricucitura dello strappo. Lei cosa risponde?
«Io ribadisco che sono nel Pd e ho intenzione di rimanerci. Da questo punto di vista posso tranquillizzarli dicendo che la mia era una non assenza per denunciare le cose che non vanno».
E dopo questa provocazione quindi cosa si aspetta dal suo partito?
«Mi aspetto un partito in grado innanzitutto di dare segnali forti di cambiamento. Spero in un Pd che rientri in sintonia con i grandi problemi della nostra Regione che drammaticamente è rientrata tra le regioni dell’Obiettivo uno».
In realtà siamo in fase di uscita fino al 2013…
«Sì ma io intendo che, a oggi, i dati ci fotografano come una regione tornata ai valori delle regioni interne all’Obiettivo uno. La Commissione europea, infatti, rispetto ai dati del Pil 2010 registrano un arretramento del Pil della Basilicata. Sono stato a Bruxelles e quasi mi prendevano in giro per questa cosa. Se ciò accade, e cioè che torniamo nell’Obiettivo uno saremmo l’unica regione di tutta europa a rientravi dopo esserne usciti. Questo grazie ai tassi di disoccupazione, soprattutto quelli giovanili, altissimi. Il Sud vive una crisi senza precedenti e noi siamo dentro questa crisi e dentro il Mezzogiorno. Per questo è fondamentale che il Pd cambi registro. Basta pensare sempre agli organigrammi: bisogna guardare alla capacità di trovare soluzioni ai problemi strutturali».
Tutto questo però con lei dentro il Pd. Sicuro?
«Non c’è dubbio. Io questo partito ho contribuito a costruirlo con grandissima convinzione e sono convinto che possa ancora essere la sintesi di due grandissime culture: quella dei cattolici democratici e dei riformisti di sinistra. E questa rimane l’unica strada per offrire al Paese una alternativa. Ma non così: c’è bisogno di recuperare l’idea iniziale».
Salvatore Santoro
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