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di NUCCIO FAVA
Sarebbero più che opportune, indispensabili, le dimissioni del presidente Paolo Garimberti e anche quelle dei consiglieri Rai di centrosinistra, come solitamente vengono definiti. Il marasma Rai e la negazione del suo ruolo di servizio pubblico tra polemiche e contropolemiche quotidiane, occupano ormai sui giornali più spazio del dibattito infinito sulle grane giudiziarie del Cavaliere e sui vari espedienti per sottrarsi al giudizio della magistratura. A dieci giorni dalla messa in onda la trasmissione Fazio-Saviano eccita già gli animi, contrappone favorevoli e contrari, solo ipotizzando quali potranno essere gli argomenti affrontati. Del resto era stato il direttore generale ad aprire le ostilità preventive, adducendo problemi di costi esagerati per una azienda alle prese con difficoltà economiche e in perenne contenzioso con Annozero, sul cui conduttore pesa un provvedimento di sospensione di dieci giorni da parte di Masi. Si annunciano intanto nuove nomine, tra cui la sostituzione di Mineo da direttore di Rai news e di Liofredi dalla rete 2, oltre alla nomina di un quinto vicedirettore generale che si aggiunge ai quattro già in carica. Per queste nuove scelte, tutte segnate da una forte caratterizzazione politica, evidentemente la condizione preoccupante di bilancio della azienda non vale e Masi può procedere come un rullo compressore. La misura è colma si potrebbe dire e il presidente Garimberti minaccia di dimettersi. Ma può bastare? Sarebbe indispensabile forse a questo punto che anche i consiglieri di centrosinistra facessero la stessa scelta, per aprire finalmente un grande dibattito sulla questione Rai che necessita di un generale ripensamento e di una profonda riforma, in grado di sottrarla definitivamente all’influenza asfissiante del governo di turno e dei partiti. “Non è la Bbc, questa è la Rai”, cantava Renzo Arbore in una fortunata trasmissione di tanti anni fa, ma quello è il modello a cui fare riferimento se si vuole davvero rendere un servizio utile al Paese.

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