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Non è servito ad Antonio Cortese negare di essere il responsabile degli attentati alla Procura generale ed alla Procura della Repubblica di Reggio Calabria che si sono susseguiti dal 3 gennaio scorso ai primi giorni di ottobre. Il gip di Trieste, Raffaele Morvay, ha infatti convalidato il fermo eseguito mercoledì scorso dalla polizia mentre Cortese, proveniente dalla Romania, attraversava a bordo di un pullman il confine tra la Slovenia e l’Italia. Cortese al gip ha ripetuto quanto aveva già riferito ai poliziotti nel momento del fermo. «Io non c’entro nulla con gli attentati a Reggio e non sono un affiliato alla ‘ndrangheta». Ad indicare Cortese come il responsabile degli attentati ai magistrati reggini è stato il boss pentito della ‘ndrangheta Antonino Lo Giudice, che una settimana dopo essere stato fermato dalla Squadra mobile di Reggio Calabria sulla base delle rivelazioni di quattro pentiti ha deciso di collaborare a sua volta con la giustizia. Lo Giudice è stato interrogato per due giorni dal Procuratore della Repubblica, Giuseppe Pignatone, e dal procuratore aggiunto, Michele Prestipino, riferendo di essere stato lui ad organizzare gli attentati contro i magistrati e di averne affidato l’esecuzione a Cortese, indicato dallo stesso boss come un esperto di bombe, che confezionava personalmente a casa, e il responsabile di altri attentati per conto della cosca. Chi non riesce a spiegarsi i motivi della convalida del fermo è il difensore di Cortese, Giuseppe Nardo, che ha parlato di “insussistenza concreta degli elementi dell’accusa, mancando tra le dichiarazioni di Villani e di Lo Giudice la possibilità di una conferma incrociata sugli episodi. L’intenzione di Cortese non era quella di fuggire, ma di presentarsi alla Procura di Reggio Calabria per farsi interrogare». Nardo ha anche sottolineato «la stranezza delle dichiarazioni d’accusa da parte di Lo Giudice nei confronti di Cortese. Perchè, nel corso del suo primo interrogatorio, ha negato che Cortese sia un affiliato alla sua cosca ed il giorno dopo ha detto esattamente il contrario? Non si capisce cosa sia intervenuto durante la notte per fargli cambiare completamente versione su un fatto specifico, peraltro, e non su un dettaglio insignificante». Il penalista non ha accolto bene neppure la decisione, che peraltro sostiene di avere appreso da un giornalista, di portare Cortese nel carcere di Voghera. «Il carcere scelto per la detenzione – ha detto Nardo – provoca obiettivi disagi e difficoltà per i familiari di Cortese. Se ne poteva trovare senz’altro uno più vicino a Reggio Calabria».

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