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di LEO AMATO È un bottone cardinalizio del tipico e inconfondibile colore rosso. Non è più piccolo né più grande, ma proprio quello dell’abito di un prelato di alto rango. Impossibile capire chi l’abbia mai indossato considerato che la liturgia prevede numerosi, e diversi, «privilegi cromatici» a seconda delle sedi e degli ordini di appartenenza degli uomini di chiesa. In certi casi non c’è nemmeno bisogno di far parte del concistoro per potersene fregiare, e poi c’è sempre chi non fa distinzione tra il paonazzo che è il colore dei vescovi, e il porpora che in teoria sarebbe riservato ai cardinali. Quindi chissà. Ma quello ritrovato nel sottotetto della chiesa della Santissima Trinità è un bottone «cardinalizio», e questo è quanto scrive il perito incaricato dal gip Attilio Orio dell’analisi merceologica sul reperto catalogato dal professor Introna. Un punto fermo dopo la ridda di indiscrezioni trapelate nei mesi scorsi, almeno fino all’udienza in cui le parti discutereranno proprio sul contenuto delle varie relazioni presentate nei giorni scorsi e quelle ancora da cominciare, come nel caso della perizia che è stata appena affidata al Raggruppamento investigazioni scientifiche dei carabinieri, sulle tracce di Dna presenti nel sottotetto.
Non è un bottone di Don Mimì
Questo si era già saputo e viene ribadito nelle quasi seicento pagine della relazione del merceologo-palentologo che ha analizzato la “talare” del vecchio parroco della chiesa della Trinità, Don Mimì Sabia. Eva Sacchi, questo è il nome del consulente, annota che la veste appare consumata, ma l’usura del tessuto non corrisponderebbe a quella dei bottoni che sarebbero stati sostituiti in un momento imprecisato. Non è chiaro nemmeno il luogo esatto dove si trovava quel bottone rispetto al corpo: se sopra, oppure a un metro di distanza; se per un verso, oppure per l’altro.
“Tool prints”
In inglese, che è lingua madre delle investigazioni scientifiche moderne, sono le impronte lasciate dagli attrezzi. Eva Sacchi ha dedicato un capitolo all’analisi delle impronte individuate su un’asse del tetto della chiesa, in corrispondenza della “finestra” aperta tra le tavole che stanno sotto le tegole di copertura, proprio in corrispondenza del punto in cui è stato ritrovato il corpo. Dalla forma di quelle incisioni, dovute all’imprecisione dell’attrezzo utilizzato per rimuovere le tavole, il perito arriva a indicare lo strumento in questione in un cacciavite con la punta piatta, quindi distinto rispetto alla lama appuntita che sarebbe stata l’arma del delitto. Resta il dubbio sul momento esatto in cui l’operazione è stata compiuta, impossibile da datare.
I sassolini
Sassolini sotto la suola delle scarpe, incastrati negli incavi della gomma dentellata per aderire anche a fondi sconnessi. Sassolini uguali per materia e dimensione a quelli sparsi ovunque nel sottotetto della Trinità. Questa sarebbe la prova che quel giorno prima di morire Elisa avrebbe camminato in quel luogo sulle sue gambe, con quei sandali blu con la tomaia aperta. Se poi sia uscita di lì, ma non abbia fatto in tempo ad allontanarsi, non si può ancora escludere del tutto, ma l’ipotesi che si rafforza è che la ragazza sia andata incontro alla trappola del suo assassino.
L’aggressione
Qui le conclusioni di Eva Sacchi divergono da quelle dell’anatomopatologo Francesco Introna, che ha effettuato la perizia autoptica sul corpo. Per Introna, Elisa sarebbe stata uccisa in seguito a un approccio sessuale andato male, per aver respinto con forza le sue violente avances. Dall’analisi degli indumenti che indossava la ragazza la sequenza andrebbe invertita, oppure andrebbe aggiunto un epilogo fin’ora inimmaginabile alla ricostruzione dell’aggressione. Troppo precisi i tagli effettuati sul pantalone ancora abbassato, e tra le coppe del reggiseno. «Perfetto» è il termine usato nella relazione. In pratica quando sono state effettuate quelle incisioni il corpo sarebbe stato già fermo, inanimato. E con questo chi ha strappato la vita di Elisa oltre a tagliarle di una ciocca di capelli, si sarebbe intrattenuto ancora con la sua preda cercando chissà quali improbabili soddisfazioni.

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