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Il boss Antonio Cossidente aveva messo le mani anche sul business della sicurezza nei locali. Lo sospettavano i carabinieri quando è scattata l’operazione contro Savino Giannizzari e gli altri, accusati di aver scatenato una rissa per accaparrarsi l’affidamento del servizio di buttafuori in una discoteca di Picerno. Qualche mese dopo più o meno gli stessi nomi erano finiti nell’inchiesta sul calcio scommesse, e i rapporti tra Cossidente e il presidente del Potenza sport club, Giuseppe Postiglione, ma restavano comunque soltanto dei sospetti. Poi si è pentito l’autista che scorazzava il boss dai suoi gregari affaccendati per la città, e il Tribunale ha deciso che quei sospetti andrebbero trasformati in altrettante certezze.
C’è voluta una camera di consiglio di sei ore e mezza per decidere sulle richieste di condanna avanzate tre settimane fa dal pm Francesco Basentini, della Direzione distrettuale antimafia. Alla fine sono quasi 24 gli anni di reclusione distribuiti dal presidente del collegio Candida De Angelis, e i due giudici “a latere” Ivana Salvatore e Federica Villano. Solo per la lettura del dispositivo è occorso un quarto d’ora. Si è trattata di una sentenza molto articolata che ha mandato assolti due dei sette imputati: Cesare Montesano e Rocco Quaratino. Montesano ha assistito dalla gabbia riservata ai detenuti perchè sta scontando una misura cautelare nell’ambito della vicenda del Potenza calcio, mentre Rocco Quaratino sempre nella vicenda del Potenza calcio figura come parte lesa, ed era in mezzo agli spettatori. Erano accusati entrambi di estorsione aggravata dal metodo mafioso per aver partecipato a una cena col gruppo di Giannizzari. Un banchetto quasi frugale per cui nessuno avrebbe pagato il conto, in un locale già “visitato” un mese e mezzo prima con rissa e devastazione finale, almeno stando all’accusa. Accolte le richieste nei confronti del capo della “Sagi. one”, che era la società utlizzata per registrare le prestazioni effettuate, e i compensi ricevuti. Savino Giannizzari è al 41bis da quasi due anni ed è considerato un colonnello di Cossidente, un elemento fondamentale della sua organizzazione. Divide l’area di massima sicurezza del carcere di Parma con i peggio criminali di tutta Italia per un episodio di intimidazione nei confronti del testimone chiave del processo, che è costato la condanna a 8 mesi di reclusione per Ferdinando Carlone, ma il collegio del Tribunale quanto alla sua posizione sembra che non abbia riconosciuto l’esistenza dell’aggravante del metodo mafioso. Molto attenuata anche la richiesta del pm per Alessio Diana (da 6 anni e mezzo di reclusione a 1 solo), mentre il fratello dovrà scontarne 5 più 8 mesi, invece di 8. Le motivazioni verranno depositate nei prossimi giorni.
Leo Amato
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