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Torneranno alla Procura generale di Catanzaro gli atti relativi all’inchiesta Why Not che sono stati trasmessi dal Gup, Abigail Mellace, dopo il processo con rito abbreviato e l’udienza preliminare. Una volta giunti alla Procura generale gli atti saranno valutati dai due sostituti procuratori, Eugenio Facciolla e Massimo Lia, titolari del procedimento penale.
Gli eventuali nuovi reati emersi nel corso del processo e non collegati al provvedimento di avocazione saranno affidati alla Procura della Repubblica. Per quei reati collegati con il provvedimento di avocazione dovrà occuparsene la Procura generale di Catanzaro. L’inchiesta Why Not, sui presunti illeciti nella gestione dei fondi pubblici, fu avviata dall’ex pm di Catanzaro ed attuale europarlamentare dell’Italia dei Valori, Luigi De Magistris. Nel 2007 l’inchiesta fu avocata dall’ex procuratore generale facente funzione, Dolcino Favi, dopo l’iscrizione nel registro degli indagati, da parte di de Magistris, dell’allora Ministro della Giustizia, Clemente Mastella. Dopo l’avocazione l’inchiesta fu affidata ad un gruppo di magistrati della Procura generale che proseguirono l’attività investigativa.
Ed intanto dall’inchiesta emerge un «incredibile rapporto personale e confidenziale» creatosi tra Caterina Merante, la principale teste d’accusa dell’inchiesta Why not, ed un sottufficiale dei carabinieri incaricato di seguire le indagini che avrebbe “inciso pesantemente sulla modalità di conduzione delle prime indagini, inquinando in modo irreversibile la genuinità di importanti risultanze investigative, rendendole radicalmente inutilizzabili”. Lo scrive il gup Abigail Mellace nelle motivazioni del processo con rito abbreviato.
La Merante, che era teste a Catanzaro ma indagata per le stesse vicende dalla Procura di Paola (CS) che la stava intercettando, dopo l’avocazione dell’inchiesta da parte della Procura generale, «era animata dalla volontà di preservarsi da ogni possibile coinvolgimento giudiziario, ‘scaricando’ su tutti gli altri indagati e rappresentando se stessa come una persona ‘debole e soggiogata’. Dalle intercettazioni, scrive il gup, emerge invece una donna «forte e determinata» che «intrecciava e coltivava una serie di rapporti con tutti quei soggetti che potevano, anche inconsapevolmente, coadiuvarla nel suo progetto». Tra questi il gup indica «l’incredibile rapporto personale e confidenziale con il maresciallo Giuseppe Chiaravalloti incaricato dei più delicati atti».
Secondo il gup era la Merante il «vero dominus» delle indagini del sottufficiale che «operava attenendosi in primo luogo agli ordini della testimone e cercando, a tutti i costi, di trovare elementi di conferma della credibilità del suo narrato». Il sottufficiale, scrive il gup, «informava pedissequamente la Merante sugli sviluppi delle indagini» e lei gli aveva anche chiesto di bloccare le indagini di Paola.
Inoltre era in costante contatto con lei nella fase del riscontro delle dichiarazioni della Merante sui rapporti tra Saladino e l’ex presidente della Regione, Agazio Loiero. Inoltre un verbale del 26 marzo 2007 della Merante che doveva essere allegato a un nuovo atto dopo l’avocazione, «è stato completamente modificato, con l’aggiunta di fatti, dichiarazioni, precisazioni che spesso modificano completamente il significato delle prime dichiarazioni». Dalle intercettazioni emerge anche «era la Merante che indicava al maresciallo i nominativi e gli indirizzi dei soggetti nei cui confronti, a suo giudizio dovevano essere dirette le investigazioni».
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