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«Lo Stato siamo noi e ognuno deve fare la sua parte, come diceva Padre Puglisi se ognuno facesse la sua parte il mondo sarebbe diverso. Ciò vale per i magistrati, per i giornalisti e in questo preciso momento storico vale per chi si occupa dell’amministrazione dei beni confiscati: su questo versante si gioca una partita importante». È il commento del procuratore di Reggio Calabria Giuseppe Pignatone, a margine del corso in amministrazione dei beni confiscati che è stato inaugurato oggi a Palermo. «Le mafie sono tali – ha osservato Pignatone – anche perchè ci sono ampie collusioni con diversi settori della società, dalla pubblica amministrazione all’imprenditoria, in questo risiede la sua forza. Non è solo un problema militare, perchè se così fosse lo Stato sarebbe in grado di sconfiggere la mafia nel giro di qualche anno». Riferendosi ai patrimoni dei mafiosi, Pignatone ha detto che sono di tre tipi: «ci sono le spese correnti, necessarie per il funzionamento e per mantenere in moto la macchina, come le spese per gli avvocati, i detenuti, i latitanti. Quando aumenta l’azione repressiva aumentano le spese correnti che non sono, però, sequestrabili. All’estremo opposto ci sono i grandi canali finanziari che erano esistenti anche prima dell’avvento di internet e dove confluiscono i grandi capitali, difficili da sequestrare. Il grosso dei beni sequestrati sono le attività imprenditoriali, un campo privilegiato di battaglia tra la mafia e lo Stato e allo stesso tempo strategico, perchè qui si realizzano le collusioni tra criminalità organizzata e colletti bianchi».
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