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di FRANCO LARATTA e ANGELA NAPOLI
Ben 32 deputati di diversi partiti avevano chiesto conto al ministro dell’Interno sui fatti di Reggio Calabria. Chiedevamo a Maroni, con una interpellanza urgente, di sapere qualcosa sui “misteri” di Reggio, e lo facevamo anche alla luce della “storica” manifestazione del 25 settembre promossa dal Quotidiano: quei quarantamila, quasi tutti giovani, quasi tutti onesti e preoccupati calabresi, meritavano di sapere, di conoscere, di poter sperare. Ieri mattina alle 9.30 nell’Aula di Montecitorio il ministro Maroni non si è fatto vedere: era impegnato altrove. Al suo posto un sottosegretario, Natalino D’Amico, della Lega Nord Padania, avrebbe risposto sulle vicende di mafia e di ’ndrangheta che da alcuni anni soffocano la Calabria. Un leghista che risponde sulle drammatiche vicende di Calabria; già questo era per noi un chiaro messaggio del Governo. Dopo l’illustrazione dell’interpellanza urgente, con una serie di dubbi e di domande precise che venivano sottoposte al Governo, il buon sottosegretario leghista risponde sciorinando una serie di dati e di cifre sui grandi risultati della lotta alla mafia, sugli arresti eccellenti, sulla confisca dei beni, sui tribunali e gli uffici giudiziari che hanno il personale sufficiente, e così via. Una fredda e distaccata relazione del sottosegretario, del tutto estranea ai drammi che vive la Calabria. La cosa più grave è stata la totale mancanza di risposte alle precise domande poste nella nostra interpellanza. Una mancanza che dalle nostre parti si chiamerebbe omertà. Silenzio assoluto su tutto. Il governo nell’Aula della Camera ha taciuto sugli attentati numerosi e sulle tantissime minacce ai danni dei magistrati reggini: sul perché di questi attentati- particolari e anomali- e sui possibili mandanti e beneficiari. Nulla quindi sul clima da “strategia stragistica” di tipo palermitano che si respira a Reggio, sui depistaggi, sulle automobili lasciate cariche di armi ed esplosivi, soprattutto sul chiaro e ormai accertato ruolo dei Servizi e della massoneria deviati, sulla gravissima vicenda del tritolo fatto trovare nel Municipio reggino quando era sindaco Scopelliti. Silenzio tombale sul rapporto mafia-politica, sulle frequentazioni assai imbarazzanti di personaggi di primissimo piano della politica reggina con famiglie ben note negli ambienti malavitosi. Nulla di nulla sullo scambio di favori tra esponenti locali delle cosche e gli eletti ai vari livelli istituzionali. Rumorosissimo silenzio sulla gravissima situazione finanziaria del Comune di Reggio e su tutto ciò che questi significa. Abbiamo visto ieri alla Camera, un governo a cui sfugge la gravissima realtà in cui operano la magistratura e le forze di polizia, prive di qualsiasi mezzo e risorsa, impossibilitati a contrastare con efficacia e durezza l’attacco criminale della ’ndrangheta e di quanti hanno come scopo quello di devastare la Calabria, forse anche di operare tranquillamente in azioni di disturbo in vista di altri e ben più gravi obiettivi che al Governo o sfuggono o non ne ha la più pallida idea. Un sottosegretario che, nonostante i nostri interventi in Aula avessero chiaramente evidenziato la necessità di tracciare un piano concreto ed efficace sulla lotta alle mafie, non ha inteso nemmeno avviare un ragionamento, una riflessione del perché la Calabria si trovi in queste condizioni nonostante gli sbandierati – e per certi versi veritieri – successi nella lotta alle cosche. Ci aspettavamo una considerazione alta, una proposta vera, che non fosse pura propaganda, un progetto che puntasse a valorizzare e a dare risposte a quei 40mila in corteo a Reggio Calabria. Ed invece nulla. Nemmeno una riflessione, ad esempio, sulla “legge Lazzati”, approvata in via definitiva dal Senato dopo anni di battaglie parlamentari che ci hanno consentito di trovare una vasto schieramento trasversale che ne ha reso possibile finalmente la sua approvazione. Una legge, e ne scriveva bene proprio ieri Vittorio Grevi sul Corriere, che può essere determinante nella lotta alle infiltrazioni mafiose nella politica e nelle istituzioni. Ma neanche di questo il Governo ha inteso riflettere in Aula. Non è per noi che il ministro Maroni avrebbe dovuto essere lui e personalmente lui alla Camera a rispondere. Non è per i tanti colleghi che hanno firmato l’interpellanza, ma la risposta era dovuta ai tanti calabresi onesti che hanno tanta paura, ma che hanno anche tantissima voglia di dire basta. E di sapere che c’è un governo che manderà più magistrati, poliziotti, risorse, mezzi, moderna tecnologia per un duro ed efficace contrasto alla ’ndrangheta. Altro che Esercito (della cui cosa il sottosegretario ha taciuto!). Il ministro Maroni avrebbe dovuto dirci perché pezzi dello Stato girano per le strade di Reggio con esplosivi ed armi, che cosa intende fare per quelle amministrazioni locali in cui la mafia si è stabilita e ne controlla scelte e decisioni, come agire a difesa e a tutela dei magistrati, dei giornalisti minacciati ( abbiamo citato in Aula ben 30 casi di cronisti presi di mira dai boss locali) e di quei calabresi onesti che non vogliono piegarsi alla prepotenza della criminalità. Una risposta era dovuta al popolo di Reggio, a quei 40mila che ancora vogliono credere nello Stato! Ma la risposta non c’è stata. E nemmeno il ministro si è visto!
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