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di SARA LORUSSO
POTENZA – Quell’opera non è completa, «lo sappiamo». Ma il taglio del nastro della piazza “rossa”, la piazza di cemento “trasformata” negli anni, con una spesa complessiva di circa 2 milioni e mezzo di euro, in un parco urbano con verde, alberi, una fontana e qualche panchina, è stato anche l’occasione per ribadire che «questo quartiere non è più il ghetto dormitorio di un tempo, non più periferia, ma rione centrale in cui la genet dovrà venire da altre zone per fare anche una semplice passeggiata». Quando il sindaco Santarsiero chiude il giro di saluti degli amministratori presenti, il momento di fibrillazione è già terminato. Lina, una residente del rione che dal suo appartamento può osservare bene ogni prospettiva della struttura, gli era andata incontro poco prima. «Perchè questa inaugurazione, sindaco? Non le sembra una presa in giro? Ci sono ancora parti incomplete, i locali sottostanti (quelli per cui ancora non è stata stabilita destinazione, ndr) sono sporchi , pieni di infiltrazioni e diventano speso ricettacolo di immondizia». Ieri, per l’inaugurazione, erano stati coperti con dei teli. «Ma le sembra giusto? Che senso ha questa cerimonia?».
Santarsiero chiede «rispetto per chi, comunque, ha lavorato». Non è un mistero che per la piazza di rione Cocuzzo non abbia mai avuto entusiasmi, opera ereditata, modificata, ma sempre e comunque di notevoli dimensioni. Cemento nel cemento, eppure, opera d’arte quotata in grandi riviste specializzate. Uno spazio dalle mille contraddizioni che, rispetto al progetto iniziale, oggi raccoglie un manto erboso, dei camminamenti, la fontana e una prospettiva un po’ diversa. «Sì, ma c’è anche il resto».
Il comitato di quartiere ha affidato a un volantino le richieste e il giudizio. «Un’opera della quale i cittadini avrebbero voluto fare a meno volentieri» costata risorse «che potevano essere utilizzate per programmi volti al risanamento e alla riqualificazione del patrimonio edilizio del rione». Anche se modificata, «l’opera resta – scrivono – assai discutibile avendo provocato, al contempo, notevoli danni». Nessuno dimentica che «il quartiere è rimasto privo della strada principale di collegamento verso rione Risorgimento, dei parcheggi, del trasporto pubblico urbano». Oggi, ai cittadini del comitato, non resta che la sollecitazione «perchè il parco venga messo in completa sicurezza e venga ultimato sia nella parte superiore che in quella inferiore». Le scalinate tra i vari livelli sono decisamente scoscese e senza corrimano, il manto erboso non è sempre piatto, le mura sono prive di protezione. «Lo sappiamo, lo sappiamo», ribadisce Santarsiero che pure ricorda come i fondi siano disponibili. La piazza, infatti, rientra in un contatto di quartiere per cui sono disponibili già 1 milione e mezzo di euro che sembra potranno essere in parte utilizzati anche per ultimare il parco. Ieri, tra i presenti, anche Reffaele Vita, il presidente dell’Ater, l’azienda parte attiva nel contratto di quartiere sull’edilizia sociale.
Ma basta, dice il sindaco, «guardare al passato. Potrei dire di averla ereditata, ma credo sia ora, invece, di andare avanti». Spera che anche altri, non solo i residenti possano affluire. Anche solo perchè, come suggerisce l’assessore alle Opere pubbliche, Massimo Molinari, «bello o brutto, possiamo discuterne, ma va sfruttato al meglio lo spazio della socializzazione, pubblico e a disposizione». Lo spumante è solo un gesto scaramantico, perchè di strada, non se lo nasconde l’amministrazione, ce ne è ancora un bel po’. «Ma il lavoro è stato tanto», giurano. E’ presente anche uno dei rappresentanti dello studio Archea che ha curato il progetto: tra gli addetti ai lavori questa opera è punto di merito. Don Donato, il parroco del rione, nella rituale benedizione, invita la comunità a non dividersi, a stare insieme. Chissà che il parco di via Tirreno non possa esserne un ambito. E poi ci sono i tecnici e i dipendenti comunali: «come non rigraziarli?». Non è stato facile lavorare su quest’opera, non lo negano, quella che più di altre ha diviso, tormentato, fatto discutere, richiamato critiche e disagi collaterali.
Da ieri fruibile, illuminata, un po’ più verde, anche se non del tutto completa. Sarà il parco urbano di via Tirreno, «non chiamiamola più nave». Ma l’auspicio del sindaco Santarsiero difficilmente avrà successo. Vuoi per l’aspetto che ha già stuzzicato negli anni l’ironia popolare, vuoi per una consuetudine dura a morire, ma tra le fila di palazzi nati negli ‘70, quell’opera davvero se ne sta ormeggiata sotto il Serpentone.

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